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Torna al Teatro Pirandello “Vestire gli Ignudi” con l’attrice agrigentina Vittoria Faro – INTERVISTA

Nel suo sguardo si legge tutta la passione e l’irrequietezza delle donne di Pirandello; un’interprete completa che fin dal suo comparire in scena mostra sempre, nel volto e nelle vesti, l’intensità e l’emozione di una vera mattatrice.

Stiamo parlando dell’attrice e regista Vittoria Faro (in foto copertina), protagonista di “Vestire gli Ignudi”, in scena al Teatro Pirandello di Agrigento, venerdì 22 dicembre prossimo.

Dopo lo straordinario successo di critica e di pubblico della scorsa stagione, torna, infatti, sul palcoscenico della massima istituzione teatrale agrigentina la commedia scritta da Luigi Pirandello nel 1922. Questa volta il difficile ruolo di Ersilia Drei è, appunto, affidato a Vittoria Faro. L’attrice agrigentina, dopo “Sogno (Ma forse no)”, si misura, ancora una volta, con Luigi Pirandello in un personaggio dalle mille sfaccettature. “Vestire gli ignudi”, quindi, si rinnova e grazie all’inconfondibile stile espressivo e recitativo di Vittoria Faro saprà, ancora una volta, conquistare il pubblico del “Pirandello”.

Abbiamo incontrato Vittoria nel foyer del teatro e con lei ci siamo soffermati in una piacevole conversazione, cercando, così, di conoscere meglio la “nuova” Ersilia Drei e cercare di comprendere il senso di Pirandello per le donne: “Credo che Pirandello sia uno dei pochi autori che abbia saputo raccontare il mondo femminile in maniera più che esaustiva, senza pregiudizio – spiega una compiaciuta Vittoria Faro – le donne di cui parla e per cui ha, e si sente, una forma di venerazione, sono donne da lui amate e, al contempo, odiate. Belle e dannate, a volte e spesso, non a causa loro ma perché vittime di una ” Vita” che ha donato loro momenti di estremo piacere e al contempo di grande solitudine sociale. E sia nella Signora che in Ersilia ho trovato questo elemento, questa indagine. Donne che non possono definirsi vittime della loro bellezza e dell’uso che ne fanno; entrambe si danno agli uomini, nel caso della prima per una collana di perle, nel caso della seconda per un abito nuovo che metaforicamente racconta il desiderio di una nuova vita. Entrambe subiscono una violenza fisica e psichica da un vecchio amante o presunto tale ma, come accade a molte donne, ahimè ” cedono, cedono sempre!” L’unica differenza è che Ersilia Drei rispetto alla Giovane signora di Sogno (Ma forse no) ha un finale “nero” ma esaustivo, liberatorio paradossalmente, non avendo mai avuto la forza di essere niente decide di togliersi la vita anche se nuda.

-Come ti sei trovata a lavorare con due mostri sacri del tetro italiano?
Lavorare con Andrea Tidona chiaramente è un grande privilegio! Per tante ragioni, gli anni di esperienza che, come mi è capitato in altre occasioni, restituiscono la storia del teatro e accrescono la mia di conoscenza! Tidona ha lavorato con Strehler e sentirlo parlare in questi giorni è come ripiombare negli anni d’oro del Teatro Italiano. Fu un occasione in cui lui credette in me, dandomi la possibilità di lavorare appena diplomata alla “Silvio D’Amico” con degli attori di spessore. Per me fu una grande emozione!!

-Perchè rivedere “Vestire gli ignudi” con Vittoria Faro?
Mi fai una domanda difficile! Non sono brava a vendermi, contrariamente a quanto un’ attrice dovrebbe saper fare. Credo sia importante in questa tua domanda comprendere una cosa fondamentale. Noi attori facciamo un lavoro difficilissimo e a volte struggente ossia interpretiamo i sentimenti altrui, ci caliamo nelle parti, un viaggio nelle radici del personaggio. Ma a volte puoi scavare nel tuo bagaglio di vita per ritrovare quelle emozioni. A volte invece, non avendole ancora vissute, come per magia si materializzano i famosi ” principi a priori filosofici” cassettini della memoria virtuali. Dopo questo lavoro di attenta analisi e memoria del testo, il personaggio lo fai tuo, lo prendi per mano, una fusione o almeno quello dovrebbe succedere. Così sarebbe impensabile supporre che un’attrice possa interpretare un ruolo alla stessa maniera di un’altra perché noi tutti siamo unici. La mia Ersilia sarà sicuramente diversa e restituirà al pubblico una nuova storia.

Luigi Mula

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