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Cultura

Successo per la II edizione del Premio Città di Aragona 2024: ecco tutti i premiati e le motivazioni

Si è svolta venerdì 19 luglio, nella Chiesa Madre dei SS Tre Re di Aragona, la II edizione del Premio Città di Aragona 2024.
Il Premio, che gode del patrocinio della Presidenza del Senato della Repubblica, del Comune di Aragona e del Libero Consorzio Comunale di Agrigento, è stato organizzato dall’Associazione Culturale Aragonesi nel Mondo, presieduta dal cav. Vincenzo Di Giacomo.
Lo scopo della manifestazione è quello di individuare e premiare personalità aragonesi, che grazie ai loro talenti si sono distinti, a livello internazionale, nei diversi campi del sapere: medico, scientifico, artistico, sociale e culturale.
Per l’edizione 2024 l’apposita giuria, presieduta dal dott Alfonso Pinto, e formata dal sindaco Giuseppe Pendolino, dall’arciprete Don Angelo Chillura, dal Dott. Alfonso Tedesco, dal Cav. Vincenzo Di Giacomo e dal Segretario ed ideatore dell’evento, dott, Giuseppe Lorenzano, ha premiato le seguenti personalità:

D.ssa Anna Maria Di Giacomo, professore associato e dirigente medico presso l’ Unità Operativa complessa di immunoterapia oncologica dell’Azienda ospedaliera universitaria senese;

Capitano Concetta Buscemi, ufficiale dell’aeronautica militare in servizio alla Stato Maggiore Difesa;

Dott. Giovanni Fucà, Oncologo Medico e Ricercatore presso il Dipartimento di Ginecologia Oncologica – Humanitas San Pio X, di Milano;

Don Giovanni Lattuca, uomo, padre, nonno, sacerdote;

Dott. Angelo Collura, già volontario internazionale per Ministero degli Affari Esteri ed esperto in mediazioni immobiliari.

Tra le autorità presenti in sala ricordiamo: il sindaco di Aragona, Giuseppe Pendolino, il Vicario Generale della Curia, don Giuseppe Cumbo, il Presidente del Consiglio Comunale, Stefania Di Giacomo Pepe, il Comandante della Compagnia Carabinieri di Canicattì, Magg. Luigi Pacifico, il Comandante della Stazione Carabinieri di Aragona, Mar. Vincenzo Merlino, gli Assessori Mariella Sardo, Giuseppe Miccichè e Gioacchino Volpe, la Dirigente scolastica dell’Istituto “Capuana”, dott.ssa Pina Butera, e il vicecomandante della Polizia Municipale, Ispettore Sammartino.
Gli intermezzi musicali sono stati curati dal soprano Maria Grazia Morreale e dalla pianista Isabella Di Salvo, che hanno emozionato il caloroso e numeroso pubblico.

In apertura e chiusura due brani di Bach, per organo a canne, eseguiti dall’organista Valentino Taormina.

Ecco le motivazioni:

Al dr. Giovanni Fuca’
Per il suo brillante percorso di studi svolto presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Palermo, proseguito presso l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, nonché presso il Nauen OT Groß Behnitz di Berlino ed il Lineberger Comprehensive Cancer Center a Chapel Hill in North Carolina.
Per la sua attività di ricerca nel campo dell’immunologia e dell’immunoterapia dei tumori, nella ricerca traslazionale sul metabolismo tumorale e nella progettazione e conduzione di studi clinici con terapie sperimentali in pazienti con tumori solidi e, in particolare, sull’interazione tra cellule tumorali, sistema immunitario e microambiente tumorale.
Per la sua attività clinica svolta fino al 2024 presso la Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e, in seguito, presso l’ Unità di Ginecologia Oncologica di Humanitas Pio X di Milano.
Per la sua copiosa produzione scientifica che, nonostante la giovane età, lo ha già visto come co-autore di oltre 80 articoli pubblicati su riviste scientifiche internazionali , di cui 19 come primo autore e per la quale ha – tra l’altro – ricevuto il Premio Giovane Ricercatore per la Ricerca Traslazionale 2019-2020 dalla Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.

Alla Professoressa Anna Maria Di Giacomo
Per il suo brillante percorso di studi svolto presso l’Università degli Studi Tor Vergata di Roma nonché presso l’Ospedale “Fatebenefratelli”, Isola Tiberina di Roma.
Per la sua attività clinica svolta fino al 2004 presso l’Ospedale “Santa Croce” di Mondovì e, in seguito, presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, Policlinico “Le Scotte” nonché quale responsabile del programma interdipartimentale delle “Sperimentazioni Cliniche di fase I\II”.
Per la sua attività di ricerca nel campo dell’oncologia, dell’immunoterapia e del melanoma che l’ha vista: come relatrice ad oltre 300 congressi nazionali ed internazionali; autrice di oltre 140 pubblicazioni scientifiche; partecipe a 180 studi clinici con agenti biologici, immunoterapici e nuovi agenti farmacologici nelle neoplasie solide; membro di numerose società scientifiche anche estere.
Per la sua attività accademica quale professore associato di Oncologia Medica presso l’Università degli Studi di Siena.

Al Capitano Concetta Buscemi
Per la sua accurata formazione svolta presso l’Accademia Aeronautica Militare di Pozzuoli, presso l’Università Federico II di Napoli, ove ha conseguito la laurea in Scienze Aeronautiche e presso l’Università di Firenze, ove si è specializzata in “Leadership ed Analisi Strategica”.
Per la sua attività professionale svolta quale Ufficiale dell’Aeronautica Militare, ruolo delle Armi, in atto assegnata presso lo Stato Maggiore della Difesa.

Al dr. Angelo Collura
Per il suo impegno a tutela dei diritti umani, culminato nello svolgimento di attività di volontariato internazionale svolta in Ciad dal 1984 al 1987, con i Tecnici Volontari Cristiani di Milano in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri.
Per la sua attività professionale svolta quale:
agente e titolare di studio immobiliare;
responsabile vendite immobiliari di primarie aziende del settore in Lombardia;
responsabile della formazione del team vendite presso Vip Domotec Italia/Lussemburgo;
responsabile vendite di Immobili di prestigio presso China- Investment Milano (Palazzo Giardini d’Inverno).
A don Giovanni Lattuca
Per la sua attività professionale svolta dal 1978 al 2013 presso le Ferrovie dello Stato, presso cui, partendo dall’inziale inquadramento quale capo stazione, è pervenuto al ruolo apicale di Capo Reparto della Circolazione dei Treni per i circondari di Cosenza e Sapri con responsabilità direttiva di 150 addetti oltre che di mezzi ed impianti di notevole importanza.
Per la sua dedizione alla famiglia e, quindi, per le premure e le attenzioni profuse nei confronti dell’amata moglie Rita Carmela, dalle figlie Maria Lucia e Teresa e dei nipoti Margaret e Francesco.
Per la sua generosa e coraggiosa adesione alla chiamata prima al Diaconato permanente e, poi, al Sacerdozio Consacrato, vissute quale servizio al Signore tramite i poveri e i bisognosi e coronamento degli insegnamenti morali ricevuti, sin da bambino, quali il rispetto, l’obbedienza, la devozione e l’assidua frequentazione dei Sacramenti.

L’intervento del presidente della Giuria dott. Alfonso Pinto

“Anche quest’anno la scelta dei premiati di questa 2^ edizione del premio Città di Aragona non è stata facile.
E ciò perché non solo sono davvero tanti gli aragonesi che, al di fuori di questo contesto territoriale, hanno raggiunto traguardi meritevoli di considerazione ma anche per il fatto che, proprio per l’autenticità della loro – chiamiamola così per un momento – “affermazione”, l’impegno quotidiano di costoro li vede certo non intenti a divulgare ai quattro venti i meriti conseguiti ma, al contrario, interamente assorbiti nel segreto della loro attività professionale.
Li ringrazio, quindi, per essere qui intervenuti ed avere dedicato del tempo a questa iniziativa.
Visto il luogo in cui ci troviamo mi sia consentita la citazione di un autore sacro.
“Mi domandi: perché quella Croce di legno? —E trascrivo da una lettera: “Sollevando l’occhio dal microscopio, lo sguardo incontra la Croce nera e vuota. Questa Croce senza Crocifisso è un simbolo. Ha un significato che gli altri non vedranno. E chi, stanco, era sul punto di abbandonare il lavoro, torna ad avvicinare gli occhi all’oculare e continua a lavorare: perché la Croce solitaria sta chiedendo spalle che se la carichino” (Josemaría Escrivá de Balaguer, punto 277, ‘Cammino’)
I primi due premiati – il dottore Fucà e la professoressa Di Giacomo – sono accomunati, non solo dalla disciplina scientifica in cui si sono specializzati (l’oncologia medica) ma anche da questa caratteristica, l’essere a contatto quotidiano con persone colpite da malattie particolarmente gravi.
Scriveva Leone Tolstoj: “Se provi dolore, sei vivo. Se senti il dolore degli altri, sei un essere umano”.
Siamo allora orgogliosi del loro impegno quotidiano di medici ricercatori volto a far sì che le denominazioni scientifiche delle patologie di cui si occupano non suonino più come sinistre ed inappellabili condanne.
Siamo da poco usciti dalla pandemia del Virus Covid – 19 e la loro premiazione è anche il doveroso tributo che sentiamo di dovere riconoscere alla classe medica e, per mezzo suo, di ribadire, a scanso di equivoci, la nostra fiducia nella ricerca e nel sapere scientifico.
Tra le principali contraddizioni dell’epoca in cui viviamo – contrassegnata dall’uso generalizzato e distorto dei social – è che ognuno può dire quello che gli pare e divulgarlo con rapidità e diffusività ancora maggiore dell’autentico sapere scientifico con effetti però deleteri.
La dovuta consapevolezza dei destinatari (il cosiddetto “consenso informato”) che oggi è giustamente richiesto dinanzi a qualsiasi atto (non solo medico ma anche giuridico o tecnico) deve comunque arrestarsi dinnanzi al principio di competenza tale da bandire la liceità di qualunque affermazione non supportata da valida dimostrazione scientifica.
Il percorso professionale del capitano Buscemi è altamente indicativo dei traguardi perseguibili con la tenacia ed il sacrificio personale in ambiti professionali particolarmente ostili ed insidiosi.
Il suo impegno pone in luce tematiche di straordinaria attualità se si considera che la sicurezza dello Stato e, in particolare, la tutela dello spazio aereo nazionale ed europeo sono esigenze fondamentali, oggi minate, oltre che dal pericolo perenne del terrorismo internazionale, dall’esistenza di assurdi conflitti che interessano pure il nostro continente.
Il sentiero percorso del dr. Angelo Collura è paradossale e, allo stesso tempo, emblematico, avendo egli seguito un tragitto, per certi versi, opposto a quello perseguito dai più che, conseguito il titolo di studio, pensano di inserirsi quanto prima nel mondo del lavoro e di guadagnare rapidamente la strada che li porti al successo ed all’affermazione professionale e solo dopo e, nell’eventuale residuo di tempo, di dedicarsi ad altri, magari raggiunto il pensionamento.
Ma siamo proprio sicuri di dovere consigliare la strada che porta al successo in quanto tale? Il successo è, in genere, un’affermazione personale a scapito di quella degli altri e non è raro che si ottenga con condotte scorrette.
Forse nel cuore del giovane Angelo saranno riecheggiate le parole del salmista: “non irritarti per chi ha successo, per l’uomo che trama insidie… Confida nel Signore e fa il bene; abita la terra e vivi con fede… poiché i malvagi saranno sterminati, ma chi spera nel Signore possederà la terra…” (Salmo 37).
Egli, quindi. in possesso del diploma di geometra, poco più che ventenne, ha deciso di partire per una delle nazioni più povere del mondo, il Ciad, e lì dedicare gli anni della sua giovinezza ad aiutare i fratelli più sfortunati a dissodare la terra, a condurre i mezzi agricoli, a costruire: insomma ad attuare quello che la dottrina ha qualificato come “principio di sussidiarietà”.
Aiutare, cioè, i più poveri ad emanciparsi dalla mera assistenza che li relega ad un destino di perenne arretratezza.
Rientrato in Italia, non si può dire certo che Angelo abbia patito lo svantaggio iniziale, essendo stata la sua generosità ben ripagata, essendosi egli affermato nel settore immobiliare lombardo.
Ed infine la straordinaria storia di don Giovanni Lattuca, il nostro concittadino illustre, totalmente sconosciuta ad Aragona nonostante qui sia nato ed abbia vissuto per 23 anni ed abbia pure dei parenti che – per l’umiltà e la modestia cui ho già accennato – non l’hanno divulgata.
La sua vicenda – lo confesso – l’abbiamo appresa casualmente leggendo l’”Avvenire” durante le restrizioni della pandemia ed è pure emblematica dei paradossi cui conduce la generosità.
“Padre, nonno e sacerdote” intitolava il menzionato quotidiano.
In genere l’accostamento dei primi due al terzo stato è sintomatico del tradimento di un nobile ideale, di uno scandalo appunto.
Ma la vita di don Giovanni è – invece – segno di un altro scandalo, quello di cui parla Paolo.
Quanto l’età anagrafica, il collocamento in quiescenza dopo tanti anni di lavoro presso le Ferrovie dello Stato, la tragica perdita dell’amata Rita, insomma il naturale corso degli eventi gli imponevano quello che in gergo militare si chiama “zaino a terra!”, Giovanni Lattuca, anziché godersi la meritata pensione, ha cominciato una nuova avventura e, alla età di 67 anni, è stato ordinato sacerdote dal Vescovo di Cassano Allo Jonio.
Bisogna davvero essere miopi per non cogliere come l’adesione a questa chiamata abbia rappresentato per don Giovanni la forma più nobile di sublimazione dell’amore sponsale.
Dell’amore autentico, si intende, di quello vissuto come esodo da noi stessi, dalla nostra ansia di apparire, dalle nostre infondate preoccupazioni, dai nostri difetti per spostare il nostro baricentro esistenziale verso chi ci sta accanto ed attorno ed è spesso meno fortunato di noi.
Ma la sua è, soprattutto per noi, una testimonianza luminosa di speranza perché ci ricorda che non è mai troppo tardi per metterci in discussione, per abbracciare un ideale, per intraprendere un nuovo cammino, per potere fare del bene autentico al di là dei nostri naturali limiti.
Concludo, quindi, con una frase dello scrittore israeliano Abraham Yehoshua: “il male è la perdita della speranza. Se perdi la speranza, se non speri più nel futuro, ecco che allora sei davvero miserabile!”.  (intervento del dott. Alfonso Pinto)