Santa Elisabetta: il fantasma della Pizza
I miei amici francesi Amandine e Adrien sono appassionati del cibo genuino. Come ogni anno, da circa tre anni, passano le loro vacanze in Sicilia. Agrigento è la loro meta.
Gli suggerisco di andare a Santa Elisabetta, presso la pizzeria Kometa del mio amico Domenico. Amandine col suo dolce accento francese mi fa la “telecronaca” della serata. Mancano sei chilometri per arrivare a Santa Elisabetta. “Sono davanti ad una grande pizza napoletana, sulla superficie vedo chiazze bianche di mozzarella di bufala che emanano un odore sublime, uno strato di pomodoro fresco, una foglia di basilico che sfuma il tutto e il cornicione marrancio chiaro soffice e polposo. Nelle narici sento l’ odore della mozzarella e del pomodoro fumante dal calore e l’accompagnamento dell’ odore del basilico. Prendo una fetta e l’assaggio: il gusto della mozzarella delicato, il pomodoro molto fresco e succoso, il letto della pizza soffice e morbido al punto giusto e il bordo, anche esso soffice e rustico e con un sapore delicato eppure deciso. Ed aggiunge : “credo sia necessario dare le stelle alle pizzerie perchè fare la vera pizza è un’arte che richiede cultura e molta capacità. Anche Alexandre Dumas, decantava la buona pizza. Adrien mi fa notare che Santa Elisabetta è un po’ “triste”, mancano i ristoranti, non c’è una banca e se rimani senza carburante non c’è un rifornimento. Però non importa, vale la pena percorrere qualche chilometro per mangiare una buona pizza. Le luci della strada sono quasi inesistenti e l’insegna della pizzeria è sparita. Apprendiamo da un passante che la pizzeria Kometa ha chiuso i battenti. Scusatemi è per caso fallita? No risponde il passante, un po’ scocciato “qui non c’è più niente. Niente banca, niente pompa di benzina, niente ristoranti, niente pizzeria.
Mi sovviene un pensiero di Sophia Loren: “lasciatemi dire una cosa che potrà sembrare azzardata e forse dispiacerà ai miei conterranei: la famosa pizza è napoletana senza discussione, ma io ne ho mangiate di fatte benissimo anche a New York, a Nizza, a Parigi, quasi quasi migliori di quelle che si fanno oggi sul Golfo. Da una parte i napoletani potrebbero immalinconirsi, pensando di star perdendo una loro supremazia. Ma costatare che la loro pizza ha conquistato il mondo dovrebbe essere, secondo me, un motivo di orgoglio”. Aggiungerei: e Santa Elisabetta?
Aldo Mucci