Reato di immigrazione clandestina, Di Natale: “da abolire”
“Il reato di immigrazione clandestina non ha avuto un effetto deterrente, anzi, ha ostacolato le indagini perchè la diffidenza di chi ha patito un viaggio in mare in condizioni difficili è aumentata di fronte ad un interrogatorio alla presenza di un difensore, nel quale era chiamato ad identificare gli scafisti, un riconoscimento che il più delle volte può essere immediato, sul molo dello sbarco”.
Lo afferma il procuratore capo di Agrigento, Renato Di Natale (in foto) in un colloquio con il Fatto Quotidiano a firma di Giuseppe Lo Bianco.
“Non so come andrà a finire – evidenzia il procuratore – visto che sembra che il Governo ci abbia ripensato, ma quel reato si poteva abolire un anno prima, quando è arrivata la delega dal Parlamento: sarebbe stato più facile approvarlo senza l’emergenza terrorismo e ne avrebbe guadagnato l’efficienza di tante Procure in prima linea nel fronteggiare l’immigrazione e il traffico di esseri umani”. Di Natale tiene a precisare che il reato abbia “intasato inutilmente gli uffici impegnando cancellieri e segretari in migliaia di singoli processi”, con 25mila indagati ad Agrigento.
Per ogni immigrato “si deve aprire un fascicolo, iscrivere il nome, spesso falso, nel registro degli indagati, e salvo i casi di rifugiati, arrivare ad una condanna per cinquemila euro, che chi arriva senza neanche le scarpe, con tutto il rispetto, non può pagare. Non credo sia questo il modo di risanare il buco nel bilancio della Giustizia”.