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Racconti d'Estate

“Racconti d’Estate”: la seconda parte de “Il Dottore Licata” di Giuseppe Graceffa

foto giusepppe GraceffaRacconti d’Estate“, la nuova rubrica settimanale di Scrivo Libero, che per questa stagione estiva vuole allietare i nostri lettori con alcuni racconti dello scrittore aragonese, Giuseppe Graceffa (in foto), un autore poliedrico che predilige spaziare con disinvoltura tra generi letterari diversi, dal realismo alla fantascienza, nonché tra stili di scrittura differenti, dal romanzo al racconto, dalle sceneggiature ai saggi.

Finalista in diversi concorsi letterari, ha pubblicato un saggio cinematografico sulla trilogia di Matrix e un romanzo fantasy dal titolo “Il Sigillo di Khor” edito dal gruppo editoriale Twins Edizioni & David And Matthaus, disponibile in libreria o al seguente link.

Dopo il successo di “Grano Duro”, oggi la seconda parte del nuovo racconto “Il Dottore Licata“:

“IL DOTTORE LICATA”
PARTE SECONDA

Improvvisamente il medico, smise di scrivere, posò la sua preziosa stilografica sul piano della scrivania e alzò finalmente lo sguardo verso l’uomo che gli stava di fronte.
– prego si accomodi – disse semplicemente indicando con la mano una delle due sedie poste davanti alla scrivania.
Era diverso da come lo ricordava. I capelli, ordinati e puliti, erano spruzzati di grigio. Lo stesso grigio che si ritrovava nella barba curata che gli contornava il volto. Indossava degli occhiali sottili caduti sul naso poco pronunciato, assicurati ad una catenella d’oro che gli finiva dietro il collo. Gli occhi erano stanchi e segnati da rughe ai lati, mentre la bocca carnosa risaltava tra i baffi arricciati.
Giovanni si avviò verso le sedie mentre l’infermiera porgeva al dottore il foglio dove aveva raccolto le informazioni sul paziente. Licata lesse le annotazioni e si rivolse nuovamente a Giovanni che nel frattempo si era seduto in pizzo alla sedia, quasi come a non voler essere d’impiccio per quell’importante persona che lo aveva invitato così gentilmente a sedersi
– penso di aver capito la situazione – disse togliendosi gli occhiali da lettura – sarebbe stato meglio se sua moglie fosse potuta venire qui in ambulatorio, magari qualche giorno fa. Comunque penso di poter avvicinare nel pomeriggio e vedere quello che si può fare. –
Improvvisamente si alzò e porse la mano a Giovanni, il quale a sua volta si alzò con una scatto e ricambiò il saluto del medico
– si metta d’accordo con l’infermiera e vediamo di aiutare sua moglie, d’accordo? – continuò il dottore.
– d’accordo dottore, grazie tante, grazie – disse Giovanni inchinandosi continuamente mentre l’infermiera si era già alzata ed era arrivata alla porta dello studio in attesa che l’uomo uscisse.
Una volta fuori la donna si sedette al suo tavolo, sempre con la sua solita espressione imperturbabile ed anonima
– mi dica esattamente dove si trova casa sua e si faccia trovare davanti all’abitazione per le quattro del pomeriggio. La parcella del dottore è di cinquecento lire. Può pagare adesso oppure provvederà a saldare con il dottore Licata più tardi –
Giovanni strabuzzò gli occhi incredulo. Cinquecento lire? – ma io veramente… – balbettò l’uomo che non sapeva cosa dire.
– la prego, non ho tutti questi soldi e non so nemmeno dove prenderli -.
La donna però, incurante delle sue parole, porse un biglietto a Giovanni
– questo è il numero di telefono dello studio. Nel caso non avesse i soldi per l’intervento del dottore Licata, dovrebbe chiamare per avvertire. Altrimenti dovrebbe in ogni caso pagare cento lire per lo spostamento. Se adesso invece vuole darmi un acconto.-
Giovanni era affranto. Frugò in ogni caso nelle tasche alla ricerca di qualche moneta ma non trovò nulla. Aveva investito tutto il suo denaro per il biglietto della corriera e adesso si trovava senza un soldo.
La donna lo guardava quasi schifata mentre rovistava all’interno delle tasche con il viso paonazzo per l’umiliazione e il disappunto
– mi dispiace – si scusò Giovanni – non sapevo che … –
– va bene va bene – lo interruppe infastidita l’infermiera. Fece una smorfia e ripose in un cassetto il blocchetto per le ricevute.. – Può andare. Buongiorno –
Giovani salutò a sua volta ed uscì velocemente dallo studio. Una volta fuori riprese a respirare normalmente mentre in quell’ambiente così austero, asettico, formale, di fronte a persone molto più importanti di lui, aveva a lungo trattenuto il fiato.
Fu però solo un attimo di sollievo. L’angoscia per i soldi che doveva trovare lo attanagliò completamente, tanto che, per alcuni attimi, sentì le gambe molli e incerte ed ebbe bisogno di appoggiarsi ad un muro per non cadere disteso per terra. Si costrinse però a farsi forza e si diresse verso il parcheggio delle corriere. Doveva tornare in paese prima possibile per cercare di raggranellare la cifra che il medico pretendeva, anche se non aveva la minima idea di come fare.
Il ritorno in paese fu scandito dai pensieri assillanti che lo preoccupavano, mentre una sorta di rabbia cominciava a montare nella sua testa. Rabbia per il destino avverso che lo accompagnava fin dalla nascita e che lo aveva costretto ad una vita di sacrifici, scandita quotidianamente dalla mancanza di cibo, di soldi e, adesso, dalla possibilità di vedere morire la moglie e il figlio che doveva nascere.
Rabbia verso quel maledetto dottore che se ne fregava altamente di sua moglie e di suo figlio, e li avrebbe lasciati tranquillamente morire se lui non avesse trovato i soldi per pagarlo.
Appena sceso dalla corriera, Giovanni si precipitò immediatamente a casa. Assunta era a letto e continuava a lamentarsi mentre la za Mariù recitava il rosario seduta accanto al letto e passando le dita sul rosario nero che teneva in mano. L’uomo rassicurò la moglie dicendole che il dottore sarebbe arrivato nel pomeriggio e che gli aveva detto che non c’era da preoccuparsi, ma aveva le lacrime agli occhi mentre le parlava ed Assunta capì che invece c’erano dei problemi. Ciò nonostante però, la donna non si lamentò di nulla e accarezzò il volto del marito che era chinato su di lei, abbozzando anche un leggero sorriso.
Dall’altra stanza apparve invece Concetta, che si asciugò la fronte sudata con un braccio – allora? – chiese semplicemente.
Concetta era un’altra delle donne del cortiglio, circa della stessa età di Assunta, ma lei aveva già avuto tre figli. Suo marito Ciccio, era amico di Giovanni e andavano sempre a lavorare insieme nei campi, quando, ogni mattina, il carro del padrone, passava a raccogliere i contadini per portarli al lavoro.
Giovanni lasciò la moglie e si recò nella stanza accanto dove Concetta stava finendo di preparare la minestra ed aveva già messo sulla tavola un piatto pulito e una brocca d’acqua. L’uomo fece cenno a Concetta di chiudere la porta e si sedette pesantemente su una sedia, mettendosi la testa tra le mani. La donna allora prese a sua volta una sedia e si accomodò di fronte a Giovanni versandogli un pò d’acqua in un bicchiere
– allora? – chiese nuovamente porgendogli il bicchiere.
Giovanni prese il bicchiere e bevve avidamente
– sono andato dal dottore Licata in città –
– si lo so. Che ti disse?– chiese la donna
– viene pomeriggio, ma voli cinquecento lire per fari nascere il bambino –
Concetta si appoggiò allo schienale della sedia ed emise un fischio, mentre Giovanni si alzò e cominciò a passeggiare nervosamente per la stanza
– dove minchia li pugliu tutti sti sordi? – si chiese ad alta voce
Concetta rimase pensierosa, come se stesse decidendo se parlare o meno ma dopo qualche istante, finalmente si decise
– c’è uno che presta i sordi, puoi spiare a lui –
Giovanni si girò in direzione della donna -. Uno che presta sordi? E cu è? –
– lo ‘zi Gasparo, lo conosci? –
Giovanni si sedette nuovamente, sempre più nervoso
– si, ma quello vuole un fottio di interessi –
– per adesso futtitinni degli interessi. Pigliati i soldi. Poi si vede –
Giovanni sembrò convincersi man mano che ci pensava. L’importante per adesso era salvare sua moglie e suo figlio. Poi quello che doveva succedere sarebbe successo.
– si, ragione hai, ci vado subito –
Riprese la coppola ed uscì velocemente da casa dopo aver salutato la moglie con un bacio sulla fronte.
Lo ‘zi Gasparo Attardo, che tutti però chiamavano “mangiasordi” non abitava molto distante e in pochi minuti arrivò davanti la sua casa, una elegante palazzina di due piani che occupava insieme alle famiglie dei sue due figli.
L’uomo, dato l’orario, ormai ora di pranzo, non fu particolarmente contento di riceverlo, anzi fece parecchie storie e gli raccomandò di tornare nel pomeriggio. Giovanni però insisté fino a quando il vecchio usuraio non si convinse e lo fece entrare.

Giuseppe Graceffa

Leggi la prima parte del racconto “Il Dottore Licata”.

Non perdete la terza (ed ultima) parte del prossimo racconto “Il Dottore Licata” che sarà pubblicata sabato 1 agosto.
Ecco il calendario delle prossime pubblicazioni:

Sabato 1 agosto: terza (ed ultima) parte del racconto “Il Dottore Licata“;

Sabato 8 agosto: prima parte del racconto “La Truscia“;

Sabato 22 agosto: seconda parte del racconto “La Truscia“;

Sabato 29 agosto: terza (ed ultima) parte del racconto “La Truscia“;

Sabato 5 settembre: prima parte del racconto “Questione di corna“;

Sabato 12 settembre: seconda parte del racconto “Questione di corna“;

Sabato 19 settembre: terza (ed ultima) parte del racconto “Questione di corna“.

Non mancate all’appuntamento!!!

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