Opi Agrigento, medici e infermieri discutono sul “Ruolo e responsabilità dell’infermiere nell’area di emergenza”
Sovraffollamento dei pronto soccorso della provincia – e non solo – e possibili soluzioni grazie al lavoro degli infermieri.
Se ne è discusso durante una tavola rotonda promossa dall’Opi di Agrigento che ha visto la presenza, tra gli altri di Gerlando Fiorica, direttore dell’UOC di Anestesia e Rianimazione e direttore del Dipartimento Emergenza dell’ospedale “San Giovanni di Dio” di Agrigento e. inserita nel contesto di una giornata di formazione rivolta agli iscritti e intitolata “Ruolo e responsabilità dell’infermiere nell’area di emergenza”.
“Il sovraffollamento dei pronto soccorso – dice il presidente dell’Ordine Salvatore Occhipinti – è certamente divenuto uno dei punti cruciali per quanto riguarda l’assistenza infermieristica e medica. Ci si confronta con una dotazione di risorse umane notevolmente inferiore al numero, eccessivo, di pazienti che si rivolgono all’area di emergenza anche per necessità di altro tipo, a causa di un’assenza di filtro sui territori, con un invecchiamento della popolazione che sta comportando una crescita delle cronicità e delle co-morbilità delle patologie. Quali le soluzioni? Intanto la costituzione degli ospedali comunità, o l’istituzione della figura dell’infermiere di famiglia e di comunità, che permetterebbe di restituire ai pronto soccorso il loro ruolo di gestione delle emergenze”.
“Certamente oggi la grossa problematica che si trovano ad affrontare gli ospedali – spiega Fiorica – è il fatto che i pronto soccorso vengono visti come una sorta di poliambulatori a cui rivolgersi per qualunque problema o, anche, per svolgere esami e indagini mediche in minor tempo. E’ quindi necessario innanzitutto far capire che non bisogna rivolgersi al pronto soccorso se non c’è emergenza, perché significa togliere spazio a chi ha necessità. Certamente questo settore, come altri, risente dei tagli operati negli anni, ma riesce oggi a dare una risposta assistenziale nonostante le difficoltà grazie a medici che danno il tutto per tutto per salvare la vita dei pazienti”.
La strada tracciata, quindi, oltre ad un potenziamento delle risorse umane e una maggiore “educazione” degli utenti, è quella di ricorrere a figure che oggi permetterebbero di affrontare in ambiente domestico numerose necessità dei pazienti.
“Questa giornata di formazione – spiega Laura Bove, responsabile Liberi professionisti Opi – serve a rimarcare come l’assistenza domiciliare riduca l’affollamento delle aree di emergenza. Gli infermieri, infatti, possono occuparsi di numerose necessità dei pazienti cronici anche senza il ricorso all’ospedale: tra queste le trasfusioni di sangue e ad esempio le medicazioni più complesse o in generale tutte le cure domiciliari. Ed è per questo che abbiamo pensato ad una giornata come questa: un personale infermieristico adeguatamente formato può affrontare qualunque tipo di emergenza anche a domicilio”.
Ad aver approfondito quale sia oggi la situazione di chi lavora nei settori della medicina d’urgenza sono stati Salvatore Pantalena, segretario Opi e coordinatore provinciale del bacino di Agrigento del 118 e Toni Pastro, coordinatore provinciale 118 del bacino di Enna.
“Il sovraffollamento dei Pronto soccorso – spiega Pantalena – comporta che oggi i mezzi debbano prolungare notevolmente la propria sosta in attesa che il malato venga dislocato nelle varie unità operative. Il 118 viene contattato ormai per qualunque tipo di intervento e spesso ci troviamo a non poter soddisfare le chiamate perché i mezzi sono bloccati in ospedale”.
“L’emergenza- urgenza territoriale – aggiunge Pastro – ha visto in questi ultimi anni un’impennata organizzativa e formativa. In Sicilia certamente siamo avanti, pensiamo ad esempio al numero unico 112, e si è notevolmente migliorata la risposta all’emergenza con tempi di intervento rapidissimi”.
Il corso ha visto anche l’intervento del vicepresidente Opi Salvino Montaperto che ha parlato della necessità da parte degli operatori sanitari di conoscere le regole connesse alla conservazione della scena del crimine in caso di reati. Questo grazie alla sua certificazione ottenuta proprio in queste settimane dal Ris di Parma.