I genitori hanno già fornito prove certe a mezzo delle quali poter dimostrare che la notte di quel 17 dicembre del 2012, all’ospedale San Giovanni di Dio, non siano state correttamente espletate le necessarie tipologie di intervento che avrebbero consentito la permanenza in vita di Vincenzo, deceduto nella sala operatoria del nosocomio agrigentino per shock emorragico, il quale, se tempestivamente trattato dai sanitari, avrebbe avuto chances di vita prossime al 70%.
Per tali motivazioni, i genitori, ancora una volta ed a quasi tre anni dalla morte di Vincenzo, rivolgono al giudice un accorato appello affinché attraverso l’apertura di una fase dibattimentale si possano chiarire tutti i lati oscuri che a tutt’oggi avvolgono l’intera vicenda.
“Per la seconda volta – scrivono i genitori Giuseppe Rigoli e Michela Frasca – ci troviamo ad affrontare una richiesta di archiviazione per il reato penale ascritto nei confronti dei medici in fase di indagine e per la seconda volta la nostra opposizione trova nel normato giuridico la forza di accoglimento da parte del GIP. Gridiamo con il cuore pieno di dolore, ma con altrettanta forte determinazione, che attraverso un giusto processo venga fatta chiarezza sui tantissimi elementi oscuri, sulle mancanze, sulla negligenza e sulla imperizia, riscontrate anche dal P.M. in fase di indagine, che portarono inequivocabilmente al decesso di nostro figlio. Niente e nessuno potrà ridarci Vincenzo, ma vogliamo almeno che venga appurata la verità su quanto realmente accaduto quelle notte nella sala operatoria e nei confronti di chi ne ha cagionato la morte. Nostro figlio non è morto per un incidente stradale. Chiediamo giustizia per Vincenzo!“