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Maturità 2020, lettera aperta di un maturando contro la scuola dell’ipocrisia e della banalità

“La scuola etica è il presupposto dello stato etico, che è a suo volta il presupposto del totalitarismo. La scuola deve essere una scuola di libertà, per uno stato liberale, una scuola di pensiero critico, che sia in grado di formare cittadini capaci e consapevoli”.

“La scuola deve paradossalmente essere scuola rivoluzionaria, deve educare i giovani non a rispettare pedissequamente le regole, non a trasgredire per trasgredire ma a saper trasgredire.

Tutte le grandi rivoluzioni, che hanno modificato in meglio l’umanità, hanno come presupposto un atto illegale. La legge è funzionale allo status quo, la legge semmai, nella migliore delle ipotesi, è precipitato storico di rivoluzioni già avvenute, di per se non ha portata rivoluzionaria. Non può esistere l’espressione legge rivoluzionaria, sarebbe una contraddizione in termini, un ossimoro. La rivoluzione è un atto di evidente illegalità, che sovverte l’ordine costituito.

Ma la scuola deve preservare la società con le sue contraddizioni? Con le sue ingiustizie? Con le sue storture? O deve provocare germi rivoluzionari per forgiare una gioventù capace di cambiare il mondo?

La scuola deve preservare se stessa, il suo mondo fatto di fatto di carte, di disposizioni, di acronimi, di banalità, di perdite di tempo, di “contrattini”, di “firmucce” e di formalismi ottocenteschi? O deve porsi in antitesi con se stessa e scardinare le imposizioni burocratiche di chi la utilizza solo come centro di potere ai diversi livelli?

A quanti docenti vediamo decantare nella storia, nelle lettere antiche e moderne, nel diritto, le virtù dei grandi rivoluzionari del passato che hanno fatto la storia e ci hanno consegnato una società certamente più giusta, per poi contraddirsi negando ai giovani studenti il diritto a ribellarsi alle ingiustizie, al vecchiume e al formalismo burocratico?

Quanto ci sembrano contraddittorie le loro parole e il loro bieco moralismo ipocrita e conservatore! Quante volte ci siamo sentiti dire “non conviene”, “evitate”, “chi vi ci porta”, “ a cosa vi serve”?
Quante volte ancora dobbiamo sentirci dire che non vale la pena dire la verità? Ditecelo chiaro per una volta, quanti volti ha la scuola?

Sogniamo una scuola in cui nessuno possa dirci ciò che possiamo pensare, dire o fare; una scuola in cui il rapporto allievo docente possa essere improntato al dialogo costruttivo, pur nella distinzione dei ruoli; Sogniamo una scuola dove si faccia un rogo di tutte le carte inutili, falsamente sostituite da documenti virtuali che hanno complicato e non certo ridotto la burocrazia.

Sogniamo una scuola mediatrice di cultura e non di nozioni, di conoscenze e non di false competenze. Sogniamo una scuola che sia una comunità più che una gerarchia, fatta di docenti che amino stare con i loro allievi piuttosto che fare umilianti anticamere dietro la porta dei loro dirigenti. Una scuola dove i dirigenti, se ci sono, dovrebbero dirigere la didattica e promuovere la cultura, non riempire formulari e vuoti documenti. Sogniamo ancora una scuola dove i beneficiari siano gli studenti. Non una scuola intesa come “postificio” per docenti che debbono salvare loro stessi o di dirigenti che debbono aumentare di grado e spostarsi in una scuola più comoda e più prestigiosa.
Sogniamo una scuola dove si comprenda che il datore di lavoro non è il preside ma le famiglie che pagano le tasse e ha come utenti gli allievi che ne costituiscono la sola ragion d’essere.

La scuola che ponga domande e che non tema le risposte, una scuola che non censura le critiche ma le ascolta attentamente, una scuola che educhi i ragazzi a essere ribelli e non servi obbedienti.

Maturandi siate critici se necessario, ponete fine alla pantomima, tocca a noi fare la rivoluzione!”

Giorgio Bongiorno, portavoce di Italia Viva Agrigento Sturzo.