Mafia, si pente Giuseppe Quaranta: ecco come diventò uomo d’onore
“Insisto nella volontà di collaborare con l’Autorità Giudiziaria e prendo atto degli obblighi e dei doveri che tale scelta comporterà“. Parole di Giuseppe Quaranta, il 50enne agrigentino arrestato nelle scorse settimane nell’ambito del blitz antimafia denominato “Montagna” che ha sgominato i presunti vertici di due mandamenti e di sedici famiglie presumibilmente appartenenti a “Cosa Nostra” agrigentina.
Giuseppe Quaranta, ritenuto vicino alla famiglia Fragapane di Santa Elisabetta, è stato ascoltato dai sostituti procuratori della Dda di Palermo Geri Ferrara, Claudio Camilleri e Alessia Sinatra.
Il neo pentito è accusato di essere il “referente della famiglia mafiosa di Santa Elisabetta, nel periodo immediatamente successivo all’arresto di Francesco Fragapane, e appartenente alla famiglia mafiosa di Favara“.
Nel corso del suo interrogatorio, l’indagato si dice essere “stanco e ho avuto delusioni da queste persone. Ho deciso di collaborare per il bene della mia famiglia prima, e mio personale dopo. Sono deciso a 360 gradi e pronto a riferire di quello che so, che ho sentito dire in giro e di quello che ho fatto“.
“Penso – continua Quaranta – che a seguito della mia scelta possa essere esposta a pericolo la mia famiglia“. Il presunto boss agrigentino racconta di essersi occupato della latitanza di Maurizio Di Gati nel 2002-2003 dopo avere acquistato un casolare e “provvedendo ad allestire la casa per lui. Giornalmente gli portavo personalmente da mangiare“.
Quaranta poi racconta ai magistrati il suo ingresso in Cosa Nostra: “sono stato combinato ufficialmente da Francesco Fragapane nel 2010/2011 a Santa Elisabetta. Non è facile essere combinati. La cerimonia avviene con la santina in mano e la cosiddetta punciuta. Non tutti sono autorizzati a combinare, ma va fatto da una persona con spessore criminale; la santina viene bruciata e si dice che se uno tradirà sarà bruciato come la santina. La formula è: da oggi sei uomo d’onore di Cosa Nostra, se tradirai, dirai bugie, brucerai come questa santina. La mia santina raffigurava S. Antonio da Padova. La formula l’ha letta il Fragapane ed io l’ho ripetuta e la punciuta fu con un ago e le nostre dita si unirono a sancire un patto di sangue. Eravamo soli nella sua masseria a Santa Elisabetta“. “Diventai così uomo d’onore e in quel momento stesso Fragapane mi diede il comando della famiglia mafiosa di Favara“.
L’indagato ha poi ammesso di avere rivestito un ruolo di vertice della famiglia di Favara fino al 2013-2014 rivelando estorsioni a ditte edili, ma anche a extracomunitari, e giri nel traffico di stupefacenti. “L’unica famiglia mafiosa presente a Favara appartiene a Cosa nostra. Ci sono altri gruppi criminali che noi chiamiamo ‘Paracarri’ che hanno un capo e un sottocapo, ma se devono fare attività criminali devono chiedere a noi di Cosa nostra“.
Quaranta racconta di essere “stato “posato” perché a un certo punto mi ero stufato e non mi facevo trovare da nessuno, quindi non essendo più ‘produttivo’ fu informato Francesco Fragapane a cui fu detto che non ero più disponibile. Mi venne detto che non dovevo più ‘camminare’ a nome di Fragapane e io ne fui felice“.