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Lampedusa, sequestrata area di stoccaggio per i barchini dei migranti: 4 indagati

Nella giornata odierna la Guardia di Finanza di Agrigento, su disposizione di questa Procura della Repubblica, ha dato esecuzione ad un “Decreto di sequestro preventivo ex art. 321 del codice di procedura penale” di una vasta area di proprietà privata di circa 1.500 mq., sita a Lampedusa, utilizzata quale sito di Stoccaggio delle imbarcazioni utilizzate dai migranti per raggiungere le coste dell’isola.
Il provvedimento di sequestro è stato emesso dal Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale di Agrigento dr. Francesco Provenzano, che ha ritenuto sussistenti gli indizi di colpevolezza ricostruiti dalla Procura e le esigenze cautelari indicate.
Il terreno in questione è in uso ad una società che risultata sprovvista delle autorizzazioni ambientali di legge per quell’area, a cui l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM) ha affidato con contratto d’appalto il servizio di “Messa a secco, trasporto e deposito” nonché di “messa a secco trasporto e distruzione” delle imbarcazioni di migranti,
Si indaga per i reati di “raccolta e smaltimento di rifiuti in assenza delle prescritte autorizzazioni” e di “illecita miscelazione di rifiuti” (Articoli 256 commi 1 e 5 del D.lgs. 152 del 2006) e il procedimento penale è a carico di T.A. di Belpasso (legale rappresentante della società), di M.C. di Paternò (responsabile del cantiere), nonché di altre due persone originarie di Lampedusa T.G. e C.S., ritenute anch’esse coinvolte nell’attività di smaltimento illecito delle imbarcazioni dei migranti.

Nel corso di un sopralluogo effettuato dai militari della Guardia di Finanza e dai tecnici dell’A.R.P.A. è stata riscontrata la pessima situazione in cui si trovava l’area di stoccaggio, con la presenza di una notevole quantità di rifiuti pericolosi e non, provenienti dallo smantellamento delle imbarcazioni, depositati in modo illecito direttamente sul suolo (privo di idonea pavimentazione e di ogni altro presidio di sicurezza atto a garantire la tutela dell’ambiente circostante), compresi batterie e fusti di carburante, oltre a un enorme cumulo di materiale torturato, composto indistintamente da frammenti legnosi, contaminati con residui di carburanti e di liquidi oleosi.

Inoltre è stato accertato che tutte le operazioni di gestione delle imbarcazioni (messa in sicurezza, trattamento, demolizione, riduzione volumetrica e stoccaggio) avvenivano nella stessa area, senza alcuna separazione settoriale, come invece prevede la normativa ambientale. Il provvedimento cautelare veniva richiesto ed ottenuto al fine di evitare che la libera disponibilità dell’area potesse compromettere ulteriormente la situazione ambientale dell’isola, con ulteriore conferimento e illecito trattamento di rifiuti da parte degli indagati.

Le indagini giudiziarie non sono concluse e le condotte oggi contestate agli indagati non sono ancora definitivamente accertate.