Il CGA esclude il condizionamento mafioso e ammette impresa alla “white list”
Il sig. A F., originario di Ribera, in proprio e nella qualità di legale rappresentante della I.S.B. srls, società recentemente costituita con lo scopo di acquistare e gestire un impianto di frantumazione di inerti sito nel territorio di un Comune siciliano, aveva chiesto l’iscrizione alla white list per potere avviare la propria attività.
In particolare, la white list è un elenco di imprese legittimate a contrarre con la Pubblica Amministrazione, nonché abilitate a richiedere l’iscrizione in elenchi speciali, curato dal Ministero dell’Interno.
La richiesta di iscrizione era stata tuttavia respinta dal Ministero dell’Interno in considerazione di presunti rapporti parentali dei soci e dell’Amministratore con soggetti controindicati, nonché avuto riguardo ai presunti legami di un soggetto che, per un breve periodo di tempo, aveva ricoperto la carica di Amministratore della Società in questione.
In particolare, la motivazione del diniego si incentrava intorno ai presunti rapporti che legherebbero l’Amministratore F.A. con la famiglia mafiosa Capizzi di Ribera, noto comune dell’Agrigentino.
La Società aveva allora impugnato il predetto provvedimento di diniego dinanzi al TAR Sicilia, sede di Palermo, con il patrocinio degli avv.ti Girolamo Rubino e Massimiliano Valenza, chiedendo altresì la sospensione cautelare del provvedimento ricordato.
Tuttavia il TAR rigettava l’istanza di sospensione cautelare, assumendo che il provvedimento impugnato fosse validamente giustificato dalle ragioni addotte dall’Amministrazione.
La Società, tuttavia, impugnava il predetto provvedimento con ricorso in appello cautelare dinanzi al Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana con il patrocinio degli avv.ti Girolamo Rubino e Massimiliano Valenza, chiedendo la sospensione degli effetti del provvedimento del Ministero dell’Interno.
Con il ricorso in appello cautelare, i legali della Società contestavano sia le ragioni indicate nel provvedimento dell’Amministrazione, sia la motivazione del TAR Sicilia, chiarendo che il sig. F.A. non aveva mai avuto rapporti di alcun genere con la famiglia mafiosa di Ribera, che in ogni caso gli elementi addotti dall’Amministrazione erano assai risalenti e che la famiglia di tale soggetto aveva da sempre operato nel settore senza che mai le fosse stato opposto alcun rilievo. Aggiungevano inoltre che gli altri elementi rilevati dall’Amministrazione non erano ragionevolmente idonei a ritenere sussistente il pericolo di condizionamento, essendo non sufficientemente circostanziati, generici ed indeterminati.
Il CGA ha accolto l’appello cautelare proposto con il patrocinio degli avv.ti Rubino e Valenza, con un’ordinanza assai pregevole ed articolata, certamente destinata a costituire una pietra miliare nella materia e a dare nuovi spunti nel dibattito sul punto che è in corso in questi anni.
Ed infatti, sovvertendo la linea dettata dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, e con delle argomentazioni nuove ed originali, il Giudice d’appello siciliano, facendo riferimento anche alla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e della Corte costituzionale ha affermato il principio secondo cui il mero rapporto di parentela con soggetti asseritamente controindicati non può essere considerato idoneo al fine di legittimare il dubbio in ordine alla sussistenza del pericolo di condizionamento da parte della criminalità organizzata.
E dunque, anche a volere ritenere che il pericolo di infiltrazione mafiosa possa essere dedotto a seguito di una valutazione meramente probabilistica (fondata cioè sul riscontro di una mera probabilità, e non una certezza dell’infiltrazione), dovrebbe comunque tenersi conto del fatto che “nessuno studio scientifico contemporaneo in materia criminologica” ha mai evidenziato come l’essere parenti di soggetti controindicati aumenti la probabilità che l’impresa sia infiltrata dalla criminalità organizzata.
Pertanto, conclude il Giudice di appello siciliano, l’Amministrazione ha illegittimamente denegato l’iscrizione che la Società aveva richiesto, con conseguente obbligo di ammettere l’impresa nella white list.