Con la sua naturale eleganza dei modi e del linguaggio, appariva davvero come un principe quando, in cima allo scalone della nobiliare dimora con i balconi sulla Marina di Palermo, accoglieva semplici viaggiatori o grandi scrittori conquistati dalle pagine e dalla storia del Gattopardo. Musicologo di fama, letterato colto, figlio adottivo di Giuseppe Toma- si di Lampedusa, custode del manoscritto di questo capolavoro della letteratura italiana, Gioacchino Lanza, a 89 anni, fino a poco tempo fa, offriva con generosa signorilità i suoi ri- cordi e i suoi progetti. Affabulava, senza risparmiarsi. Anche correndo a Santa Margherita Belice o Palma di Montechiaro, le due città legate dalle pagine del Gattopardo a una storia da rinnovare. Sperando noi, adesso, che anche Palermo faccia la sua parte, dopo tanti silenzi spesso sottolineati da questo professore che ereditò il titolo di principe e la funzione di attento custode della memoria dell’autore forse più citato d’ogni altro.
Come non accadde in vita al Principe nella Palermo degli Anni Cinquanta che non si accorgeva dello scrittore, pur soffermandosi quasi ogni giorno al bar Mazara, a vergare pagi- ne allora ignorate. Ne parlavamo con Gioacchino Lanza, con riferimento a silenzi e distrazioni ancora attuali. Perché non siamo finora riusciti a piazzare una targa, ad allestire una statua, a lasciare un segno davanti a quel bar che altrove sarebbe stato trasformato in una tappa obbligata per viaggiatori consapevoli e anche per turisti frettolosi. Come succede a Li- sbona con la statua di Pessoa, ma anche a Porto Empedocle con Pirandello o, più recentemente, ad Agrigento con Camilleri.
Ne parlavamo con amarezza. E ne continueremo a parlare anche adesso che Gioacchino Lanza ci ha lasciato. Lo faremo sollecitando, pure con la “Strada degli scrittori”, un progetto già presentato al Comune. Condiviso da un gruppo di volenterosi operatori che stanno attorno a piazzale Ungheria, via Magliocco, piazzetta Flaccovio, area spesso offesa da bancarelle e cianfrusaglie lasciate attorno a una fontana zeppa di rifiuti. Area dove sarà un obbligo ritrovare e indicare traccia di una storia letteraria offesa dall’oblio.
Ne parlavamo anche durante qualche viaggio con questo figlio adottivo scelto dallo scrittore quando non immaginava il successo che lo avrebbe raggiunto solo post mortem. Ne parlavamo tornando al Palazzo ducale di Palma di Montechiaro insieme con la principessa Nicoletta, la dolce forte consorte, colta spalla letteraria e operativa della famiglia e del palazzo di via Butera, adesso custode della memoria insieme al figlio Giuseppe.
Ne parlavamo anche scoprendo le altre tappe della “Strada”. A cominciare da Favara e Racalmuto per il master di scrittura, per inaugurare insieme Casa Sciascia, per una piacevole serata sulla terrazza di Contrada Noce. Ovvero tornando nella “sua” Santa Margherita Belice, fulcro di un Premio che dovrà resistere nel tempo. Ed è la vera scommessa di chi, vi- cino al principe gentiluomo, al figlio del Gattopardo, vorrà onorare l’intellettuale che ci la- scia dopo essere stato al vertice di teatri ed istituzioni culturali da Palermo a Siracusa, da Napoli a New York.
Felice Cavallaro