La data venne stabilita ufficialmente quale festa nazionale solo nel 1949. Da quel momento in tutte le città italiane, ed in particolar modo in quelle decorate al valor militare per la guerra di liberazione, vengono organizzate manifestazioni pubbliche in memoria dell’evento.
Settantatre anni fa la Liberazione dall’occupazione nazi-fascista, ancora oggi una festa che consolida il senso di appartenenza. Una data, quella del 25 aprile del 1945, che segna l’inizio di una nuova storia nazionale del nostro Paese: la storia del secondo Novecento. Una data giustamente esaltata, talvolta divisiva in un Paese che ha sempre fatto fatica a ritrovare la sua unità. Una giornata accompagnata spesso anche da polemiche.
Diverse le manifestazioni in tutta Italia. Cortei che sfilano per i salotti buoni delle città del “Bel Paese”, lungo i quali spesso si perdono di vista molte cose. Noi Italiani siamo liberi di poterlo fare quel corteo, più di 70 anni fa non era una cosa affatto scontata; è normale per noi essere liberi, ma questa libertà potrebbe anche non esserci oppure scomparire.
“La libertà – scriveva Pietro Calamandrei – è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare”. Da qui L’importanza di ricordare e raccontare, narrare le vicende di ragazzi che vivevano normalmente la loro vita e ad un certo punto si sono “svegliati” – come dice il canto – si sono resi conto della situazione non più accettabile e sono partiti, lasciando le occupazioni di tutti i giorni per la lotta, per scacciare i nazifascisti, per ridare all’Italia la dignità di nazione libera e agli italiani quella di un popolo sovrano, protagonista della propria esistenza.
Ma gli italiani hanno finito di “resistere” alle oppressioni di un regime? Ai diritti negati? All’ipocrisia che si cela dietro promesse che non trovano mai compimento?
Per questo il 25 Aprile è una celebrazione necessaria per riflettere. Ricordare qual’era l’Italia che si volle mutare, ricordare come era quell’Italia. Ricordare il prezzo pagato per trasformarla e il fallimento di quella trasformazione, perché l’Italia di oggi non è assolutamente come avevano immaginato i resistenti.
Marcella Lattuca
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