Il prossimo 27 gennaio, in occasione della giornata della Memoria, sua Eccellenza il Prefetto di Agrigento Filippo Romano consegnerà una medaglia d’onore (L. 296/2006) al signor Calogero Cinquemani internato nel campo di concentramento di Bischofshofen dal 10/09/1943 al 07/05/1945. La cerimonia si terrà alle ore 10.00 presso l’Istituto Comprensivo “Falcone – Borsellino” di Favara. A ritirare il prestigioso riconoscimento sarà il figlio Pasquale, colui che ha presentato l’istanza.
Dopo aver letto la scheda della prefettura, ho constatato che nel mio archivio personale, dove custodisco circa 50 nominativi di compaesani che sono stati prigionieri di guerra un po’ in tutti i continenti, dall’Europa all’Africa, dall’Oceania all’America, non figurava il nome di Calogero Cinquemani. Secondo le fonti di cui sono in possesso, questo nominativo non risulta in alcun registro e oggi siamo a conoscenza della sua storia grazie al figlio Pasquale che ha conservato i documenti, li ha fatti tradurre e si è impegnato affinché la storia di suo padre venisse riconosciuta ufficialmente dallo Stato. Conosco la famiglia Cinquemani praticamente da sempre ed è stato semplice rintracciarlo e convincerlo a rilasciarmi un’intervista alla presenza del segretario della locale sezione ANPI Carmelo Castronovo.
Calogero Cinquemani è nato a Sciacca il 10/01/1917 da genitori favaresi in quanto il padre lavorava nella costruzione dell’asse ferroviario Agrigento – Castelvetrano e preferiva stabilirsi, insieme alla sua famiglia, nelle immediate vicinanze del posto di lavoro.
Il regime fascista lo chiamò alle armi per ben due volte: dal 31/03/1937 al 16/06/1939 nel 7` Reggimento Genio come autiere e nella seconda guerra mondiale dal 09/03/1940 al 10/09/1943, data in cui venne catturato e internato in territorio tedesco.
Infatti, con l’armistizio di Cassibile dell’8 settembre 1943, l’Italia si arrende incondizionatamente alle forze Alleate e si disimpegna a continuare la guerra al fianco dei nazisti. La reazione del Führer fu durissima tanto che migliaia di militari italiani vennero catturati e internati nei campi di concentramento, altri, come la divisione Aqui a Cefalonia, vennero trucidati. In quei giorni frenetici, il signor Cinquemani si trovava a Udine e venne catturato, insieme ad altri commilitoni, e trasferito nel campo di concentramento di Bischofshofen in Austria. In un primo momento venne considerato prigioniero di guerra e, solo successivamente, come internato militare. Nella prima condizione, come spesso raccontava al figlio Pasquale, vissero momenti veramente drammatici a causa della mancanza di cibo. Non a caso si arrangiò a sostentarsi con bucce di patate, da cui ricavava anche il macco, e pane raffermo ammorbidito con acqua. Con il riconoscimento dello status di internato militare le sue condizioni migliorarono: infatti, venne impiegato come calzolaio in cambio di una più o meno regolare distribuzione di cibo. In prossimità della capitolazione della Germania, i nazisti aprirono le porte di diversi campi di concentramento e i prigionieri furono liberi di ritornare nelle loro case. Calogero, insieme ad un gruppetto di ex prigionieri meridionali, decisero di recarsi a piedi e con mezzi di fortuna nel distretto militare più vicino, ovvero quello di Udine, per testimoniare e documentare la loro terribile esperienza e per rassicurare i familiari in ansia.
Nei pressi del capoluogo di provincia friulano, furono intercettati dai partigiani locali indispettiti da questo piccolo gruppo di giovani che si riparava dalla fitta pioggia sotto un ponte. Alcuni suggerirono di fucilarli sul posto ma, quando compresero che quei ragazzi erano stati prigionieri in Germania, li lasciarono passare. Ritornato a Favara, Calogero continuò l’attività di calzolaio e, specie ai più piccoli e agli amici, raccontava la sua terribile esperienza di prigioniero condannando fermamente la guerra e le sue brutali atrocità.
Calogero morì a Favara il 14/08/2006.
La sua storia, insieme a quella dell’amico Lillo Vaccaro, di Antonio Galiano e tanti altri, dimostra che l’impegno per la pace passa anche tramite il dialogo tra le generazioni e dalla conoscenza della storia.