E’ di un agrigentino “StreetEat”, l’app localizza i migliori food truck
Nell’era del “Del doman non v’è certezza” c’è chi si industria come può per dare una svolta alla propria vita e trovare il proprio spazio nel mondo.
Sono tanti ex broker, ex imprenditore d’affari, ex musicista, ex architetto, che stanchi o stufi della routine si sono messi a cucinare frittate, risotti, polpette, cozze, sfizi napoletani (e chi più ne ha, ne metta), in una sola parola l’imperante (per ora) e tanto glam “street food”.
Con tanto di quattro ruote, i “food truck “si sono piazzati agli angoli delle strade, delle piazze e dei giardini di mezza Italia per vendere cibo come si faceva una volta. A rendere più smart e redditizio questo business ci pensa “StreetEat”, l’app che mette in vetrina i “food truck “con tanto di menù in italiano e in inglese, prezzi, geolocalizzazione e, ovviamente, recensioni degli utenti.
Un’app senza alcun dubbio geniale, che è stata messa a punto da Giuseppe Castronovo, Ceo di StreetEat, 39enne di Agrigento con un bagaglio pieno di studi di marketing al Polimoda (Istituto internazionale di comunicazione e moda) e un passato da globe trotter (Firenze, Roma, Australia fino a Milano) che l’ha capito per primo:
“Tutto è partito da una chiacchierata casuale – spiega – una sera, parlando con lo chef di un ristorante vicino casa, siamo arrivati a discutere di Expo e food in generale. E mi ha proposto un incontro con un gruppo che pensava ad un progetto legato al food truck”. Dopo un’analisi di mercato, “mi sono reso conto che era un settore in rapida crescita” ma, sottolinea, “mancavano una serie di strumenti e iniziative collegate a queste realtà, come ad esempio una mappatura delle attività”.
E la lampadina si è accesa: “Perché non geolocalizzare e aggregare in un’unica App tutti i truck italiani?”. Detto fatto: Daniele Carettoni, 55 anni, di Milano ha raccolto la sfida e “dopo 35 anni in banca ha lasciato il suo lavoro da manager e ha cambiato vita, investendo in questo progetto di business”, racconta Castronovo.
Oggi quella squadra conta 10 persone tra chi è specializzato in marketing, chi in social network e ufficio stampa: “Vogliamo aiutare ogni esercente a sviluppare il business – sottolinea Castronovo – perché non basta avere un’idea stupenda: “dopo che farai?” chiedo a ognuno di loro”. Semplice, dopo c’è StreetEat, la soluzione per non lasciare niente al caso, non dimenticare da dove si è partiti – “il food truck non è solo un ristorante su ruote dietro ad ognuno ci sono persone che si sono rimesse in gioco e hanno cambiato radicalmente percorso professionale e stile di vita, c’è una storia da raccontare e noi cercheremo di fare anche questo” -, e non perdere mai di vista il futuro: “abbiamo in mente di fare degli studi di geomarketing, cioè capire in quali zone e in quale fascia della giornata ci sono più clienti per incrociare domanda e offerta”. Della serie: “Così potremo dirgli: guarda, ci sono tremila persone dall’una alle due che mangiano in tale zona, e lui potrà regolarsi di conseguenza”.
L’obiettivo è coprire tutto il territorio nazionale. Uno Stivale popolato da “una nuova generazione, ambulanti innovatori con una visione chiara e aperti al mondo”. Forse la ricetta per inventarsi un futuro in un Paese che è in grado di garantirti solo le tasse, è questa: rimboccarsi le maniche, recuperare le ricette del cuore, sperimentare e fortuna, quanto basta.
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