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Cresce l’attesa per “Il rapimento di Proserpina o l’inganno di Venere”, domani in scena al Teatro dell’Efebo

Terzo appuntamento del cartellone 2024 del Teatro dell’Efebo organizzato dal Libero Consorzio Comunale di Agrigento nell’antica cava del Giardino Botanico. Nell’ambito della rassegna del Teatro Classico e del Mito andrà in scena sabato 27 luglio alle ore 21:00 “Il rapimento di Proserpina o l’inganno di Venere”, prodotto dall’associazione culturale Kairos con testi di Luigi di Raimo e regia di Daniele Salvo. Tratto dal poemetto incompiuto di Claudiano e con influenze dalle Metamorfosi e dai Fasti di Ovidio, lo spettacolo si presenta con un nuovo allestimento scenico ed il cast rinnovato rispetto alle precedenti esperienze, e con la voce fuori campo di Ugo Pagliai all’inizio della rappresentazione.
Di altissimo livello il cast, con l’attore e regista Daniele Salvo, docente all’Istituto Nazionale del Dramma Antico e numerose regie all’attivo allo stesso teatro greco di Siracusa. Tra gli attori, oltre allo stesso Daniele Salvo, Francesca Maria e Giancarlo Latina. E ancora Melania Giglio, Barbara Capucci e Marial Bajma Riva. Gli spettatori potranno ammirare anche i quattro performer Lorenzo Ficara, Marco Maggio, Massimiliano Serino e Tommaso Quadrella, ballerini attori allievi dell’I.N.D.A., e i costumi di Daniele Gelsi, costumista nell’“Aiace” andato in scena nell’ultimo ciclo di spettacoli al teatro greco di Siracusa.
Il testo di Luigi Di Raimo
“Due rapsodi di epica memoria danno avvio a un canto che riporta sulla scena gli dèi protagonisti di una storia che ha come teatro d’azione i ridenti campi di Sicilia. Plutone è giunto sulla terra per assicurarsi che i terremoti prodotti da Tifone, il gigante sepolto sotto l’isola, non abbiano aperto una voragine sul regno degli Inferi. Qui, per volere di Giove e grazie a un inganno ordito da Venere, incontra Proserpina. Se ne innamora all’istante e la porta via con sé. Cerere, ignara del destino della figlia, percorre tutto il mondo alla sua ricerca, condannando i campi a una morte progressiva. Quando le viene rivelata la verità, Cerere è sopraffatta dalla disperazione. Solo l’intervento mediatore di Giove riesce a lenire in parte il suo dolore. Proserpina, ora sposa di Plutone e regina degli Inferi, potrà trascorrere una parte dell’anno sulla terra, mentre l’altra vivrà nel Tartaro col marito. Quando abiterà tra i morti, sulla terra verranno l’autunno e l’inverno; quando si unirà nuovamente alla madre, riporterà agli uomini la primavera e l’estate.
Traendo ispirazione dal poemetto incompiuto di Claudiano, liberamente tradotto e riadattato, e unendo a esso influenze dalle Metamorfosi e dai Fasti di Ovidio, Il ratto di Proserpina o l’inganno di Venere ripercorre la nota vicenda del mito annodando parole antiche e inserti moderni originali. Al canto dei rapsodi si intrecciano così gli interventi in prima persona dei protagonisti, in un’alternanza continua di racconto e azione. Al potere evocativo della parola è affidato il compito di restituire immagini, sentimenti, suggestioni di una storia potente, che nel tentativo di spiegare l’alternanza delle stagioni, ci ricorda che dopo ogni inverno torna a splendere sempre la primavera. Un omaggio all’immaginario e alla saggezza del mondo antico, e un omaggio alla Sicilia, che ne è custode prediletta.”

Le note di regia di Daniele Salvo
La terra percossa aprì la via verso il Tartaro
e ingoiò giù nella voragine il carro.  (Ovidio, Metamorfosi V)
“L’esercizio della Poesia è una prova di resistenza alle difficoltà quotidiane e all’indifferenza degli uomini. Chi parla in poesia spesso deve fare i conti con una società che non comprende un pensiero puro, sganciato dalle logiche commerciali o produttive ritenute così importanti ai nostri giorni. Le vicende dei giorni presenti paiono sottolineare l’inutilità della poesia, perché essa, di fronte alla guerra, al terrorismo, alle violenze inaudite, nulla può lenire e a troppi non dice nulla.
Il poeta è deriso, sbeffeggiato, considerato troppo ingenuo e naive.
“La poesia è magnificamente superflua, come il dolore e troppo fragile in tempi di sopraffazione.” Entrare in contatto con le parole di Ovidio e Claudiano significa compiere un viaggio prezioso, un viaggio tra versi di straordinaria potenza e levità mozartiana. Vita e morte coincidono, il sogno, l’allucinazione e la veglia si sovrappongono. Ci addentriamo inavvertitamente nel mondo di Ade, governato da Plutone, signore dei morti, incontriamo le Parche, instancabili tessitrici dei destini di tutti i mortali, gli “esseri di un giorno” tanto amati da Prometeo, poi Venere, Minerva, Cerere, e così innanzi ai nostri occhi si schiude la realtà inconoscibile e incommensurabile degli dei. Sono dei attraversati da passioni umane, capaci di amore, astuzia, invidia, disperazione, violenza, rabbia e desiderio di vendetta. E così assistiamo impotenti al rapimento di Proserpina, bambina dal destino segnato in modo irreversibile, desiderata e voluta dal signore dei morti e non possiamo che compiangere la povera Cerere, madre disperata, impegnata nella ricerca perenne della figlia perduta. Luigi di Raimo costruisce un testo di grande nitore, dedicato a un mito antichissimo, che ha ispirato poeti e pittori di ogni epoca: canta il rapimento della bella Proserpina, dea della primavera e lo fa partendo da Virgilio, Ovidio e Claudiano, con esattezza filologica e passione storica. Sui meravigliosi campi di Sicilia, per voce di due antichi rapsodi (due attori giovani molto bravi che hanno recitato al Teatro Greco di Siracusa, Giancarlo Latina e Francesca Maria, ruoli già interpretati magistralmente da Ugo Pagliai e Paola Gassman, ndr) si sviluppa una storia tesissima ed appassionante, densa di colpi di scena ed emozioni rivelate.”

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