C’è grande amarezza nelle parole di don Giuseppe Pontillo, direttore dell’Ufficio diocesano per i Beni culturali ecclesiastici, l’arte sacra e l’edilizia di culto di Agrigento, che dopo aver appreso la notizia dell’unico finanziamento in Sicilia da parte del ministero per le Infrastrutture e dal ministero dei Beni Culturali, affida a Facebook le proprie considerazioni.
Solo quale settimana addietro era stato addirittura il Tg1 a parlare delle tragiche condizioni della Cattedrale “San Gerlando” di Agrigento a serio rischio crollo. Eppure il clamore nazionale non è bastato a scuotere, se non a parole, quella classe politica che da anni parla di “impegni”, “promesse” per salvare uno dei principali “simboli” identitari di Agrigento. 2 milioni di euro che arrivano a Palermo nonostante la Cattedrale non è a rischio crollo; nonostante non ci sia quel pericolo che invece ad Agrigento può rievocare la frana del ’66.
La Cattedrale della città dei Templi si presenta con una facciata inaccessibile, gradini spaccati e muri che si aprono. Tanto quanto basterebbe a comprendere che la struttura, costruita circa 9 secoli addietro, necessita di “urgenti” interventi che ancora oggi, dopo 5 anni dalla chiusura, ritardano ad arrivare. A poco sono serviti gli interventi di consolidamento; la struttura è tenuta in piedi da un’enorme impalcatura.
Due mesi addietro si iniziò a sperare grazie al possibile (e si spera imminente) arrivo di 800 mila euro, dopo la partecipazione al bando pubblico predisposto dall’Assessorato regionale alle Infrastruture e Mobilità, che ha visto il progetto relativo alla messa in sicurezza e consolidamento statico della Cattedrale arrivare quarto in graduatoria, per la promozione di interventi di recupero finalizzati al miglioramento della qualità della vita e dei servizi pubblici urbani nei Comuni della Regione Siciliana. Soldi, che, si spera, si dovrebbero aggiungere ai 736 mila euro provenienti dal finanziamento della Conferenza Episcopale Italiana con i fondi dell’8xmille (circa 300 mila euro).
Ad oggi quello che resta è solo la triste realtà di un territorio che, ancora una volta, è stato mortificato da una parte di quella politica che non riesce ad essere incisiva quando si tratta di sviluppo. Di questo, gli agrigentini, è bene che se ne ricordino.
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