Fu ripreso mentre vendeva “ad un prezzo maggiorato” un biglietto non vendibile a bordo del quale non avrebbe mai dovuto avere la disponibilità, estraendolo dal taschino della camicia. Anche per questa ragione è legittimo il licenziamento di un altro autista, M.C., indagato per truffa continuata in concorso, effettuato dall’azienda TUA (Trasporti Urbani Agrigento).
Lo ha stabilito la Corte d’Appello di Palermo, Sezione Lavoro, ribaltando la sentenza del Tribunale di Agrigento che precedentemente, invece, aveva reintegrato l’autista al lavoro.
La decisione della Corte d’Appello di Palermo è l’ultima di una serie di decisioni che riformano altre sentenze del Tribunale di Agrigento e dichiarano la legittimità dei licenziamenti irrogati dalla TUA. Con la sentenza di M.C. la Corte d’Appello di Palermo ha confermato il licenziamento di tutti gli autisti accusati di truffa.
La vicenda risale al 2017 quando la TUA, società che gestisce il servizio di linea urbana nella città di Agrigento, dopo avere incaricato un’agenzia investigativa, ha denunciato una serie di condotte, ritenute illecite, poste in essere da alcuni autisti. Fatti gravi tra i quali la vendita a bordo di titoli di viaggio di tariffa A, che non possono essere venduti a bordo, invece di quelli in loro dotazione di tariffa B e l’appropriazione di somme di denaro derivanti dalla vendita dei biglietti. Per questi motivi, la TUA, assistita dall’avvocato Luca Andolina, ha licenziato gli autisti denunciandoli anche alla Procura della Repubblica di Agrigento.
Nel luglio 2021 i lavoratori licenziati, indagati dalla Procura della Repubblica per i reati di truffa continuata in concorso tra di loro, sono stati rinviati a giudizio dal giudice per l’udienza preliminare.
La vertenza di diritto del lavoro, davanti al Tribunale del Lavoro di Agrigento, si è conclusa con dei provvedimenti di reintegrazione. Ma la Corte d’Appello di Palermo ha ritenuto fondati i motivi di reclamo proposti dai difensori della TUA, avvocati Carlo Boursier Niutta e Roberto Scelfo e, dopo avere acquisito le testimonianze dell’investigatore privato, ha ritenuto, da un lato gravi gli addebiti contestati a M.C. e, dall’altro, assolutamente legittimi i controlli effettuati dall’azienda di trasporto per il tramite dell’agenzia investigativa incaricata. La sentenza, evidenzia “un complessivo disegno delinquenziale sistematicamente perfezionatosi ad opera di alcuni conducenti di autobus” che secondo la Corte “trova conforto dalla lettura dei dati relativi agli incassi delle vendite a bordo”.
I giudici di appello, inoltre, hanno sottolineato la estrema gravità della condotta di M.C. “connotata nel suo nucleo essenziale da implicazioni di natura fraudolenta”. La Corte, infine, ha analizzato attentamente il video dell’investigatore privato mentre M.C. vendeva – così come gli altri autisti licenziati – “ad un prezzo maggiorato” un biglietto di tariffa A (non vendibile a bordo) “del quale non avrebbe mai dovuto avere la disponibilità” estraendolo “dal taschino della camicia”.