Anis Amri, dalla Tunisia a Berlino passando per il “Petrusa” di Agrigento
Anis Amri, un nome che fino a una settimana fa avremmo potuto definire solo “esotico” ma che oggi evoca solo sangue, morte, terrore, distruzione, stage.
Eppure per Agrigento, o meglio, per il piccolo microcosmo del “Petrusa” di Agrigento, questo nome non era totalmente sconosciuto.
Forse non tutti sanno che Anis Amri, il tunisino sospettato di essere l’autore dell’attacco al mercatino di Natale a Berlino, entrato probabilmente dalla “porta d’Europa” forse facilmente accessibile, dopo essere arrivato in terra italiana, nel 2011 fu arrestato mentre si trovava nel centro d’accoglienza di Belpasso, nel catanese, per le ipotesi di reato di danneggiamento a seguito di incendio, lesioni, minaccia, appropriazione indebita e condannato alla reclusione.
Una permanenza presso le “patrie galere” non certo tutta “rose e fiori” quella di Amis che lo avrebbe visto protagonista di numerosi atti di violenza che hanno costretto il continuo “spostamento” del detenuto in varie strutture carcerarie della Sicilia.
Dal “Piazza Lanza” di Catania, nel 2012 viene tradotto al carcere di Enna, per poi, dopo sei mesi, passare a quello di Sciacca dove rimane per circa un mese e mezzo; poi arriva, a fine gennaio del 2014, il “Petrusa” di Agrigento, dove Amir si distingue per alcune proteste che lo portano anche allo sciopero della fame. Una “permanenza forzata” di circa otto mesi, dove poi ne fu disposto il trasferimento all’Istituto Penitenziario “Pagliarelli” di Palermo; in ultimo fu tradotto definitivamente, a seguito di gravi motivi di sicurezza, al carcere “Ucciardone”.
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