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Al Teatro Pirandello di Agrigento, Moni Ovadia e Mario Incudine con “Le Supplici di Eschilo”

Un’opera musicale dal “sapore” pop, cantata ma anche parlata e vissuta in siciliano e greco moderno, una messinscena che strizza l’occhio al musical,

ricca di contenuti politici (il proto-femminismo, il no alla violenza sulle donne e l’antica accoglienza dei popoli del Mediterraneo davanti a tutto, con un chiaro riferimento alle tragedie del mare) che ha aperto il 51° Ciclo di rappresentazioni classiche al Teatro Greco di Siracusa conquistando il pubblico e la critica.

Il direttore artistico del Teatro Pirandello, Sebastiano Lo Monaco , propone sul palcoscenico Moni Ovadia e Mario Incudine con un riadattamento de “Le supplici di Eschilo” firmate alla regia dallo stesso Ovadia e da Mario Incudine, autore anche delle musiche.

Una versione “sicilianizzata” de Le Supplici di Eschilo, nella traduzione di Guido Paduano, un’opera corale e colorata che bene interpreta lo spirito dei popoli del Mediterraneo, di cui sono fulcro le giovani leve dell’Accademia dell’Inda intitolata a Giusto Monaco: splendide Danaidi che entrano in scena dentro a un burka viola, abbandonato il quale scopriremo avere la pelle ambrata e vestiti multicolori. «Impegnato come sono nella difesa dei diritti ho immediatamente condiviso – scrive Moni Ovadia nelle note di regia – il problema delle figlie di Danao in fuga dall’Egitto per sottrarsi a un matrimonio forzato, destinate a dichiararsi esuli giungendo ad Argo dove il re Pelasgo è sì, accogliente, ma a patto di consultare il popolo… Importantissimo è stato per me ottenere una sonorità multietnica del testo, e ho messo a punto un adattamento in lingua siciliana con frammenti di greco odierno assieme a Mario Incudine e Pippo Kaballà».

Quella di Ovadia e Incudine, infatti, si propone non come una traduzione filologica, piuttosto come una trasfigurazione del testo di Eschilo, che viene riletto in siciliano e in greco moderno. Il tema è quello dell’accoglienza raccontato in una cantata: i dubbi del re Pelasgo se accogliere le Supplici ad Argo affondano le sue radici nella sacralità del viandante e dello straniero che fu anche della tradizione ebraica e cristiana. Le Supplici di Eschilo facevano parte di una trilogia composta da Supplici, Figli di Egitto e Danaidi, seguita da un dramma satiresco Amirnone. Fu rappresentata per la prima volta al teatro di Dioniso in Atene, probabilmente nel 463 a.C. Oggi Moni Ovadia e Mario Incudine l’hanno “trasformata” in un’opera coraggiosa che rompe col passato, un’opera per tutti, che abbandona i colori tetri e la recitazione accademica per lasciare spazio a un lavoro colorato e allegro pur nella tragicità degli argomenti trattati.

LA TRAMA – Danao ed Egitto, figli di Belo, re d’Egitto, entrano in conflitto. Il primo è padre di cinquanta figlie e il secondo di cinquanta maschi che vogliono prendere per spose le figlie di Danao. Sia Danao che le figlie rifiutano il matrimonio e fuggono su una nave che li porta ad Argo, patria della loro progenitrice Io. I Pelasgi che occupano l’Argolide accettano di dare asilo ai fuggitivi e respingono un tentativo degli Egizi, sopraggiunti a loro volta, di impadronirsi delle cugine. Nelle tragedie successive che completavano la trilogia, e di cui ci sono arrivati pochissimi frammenti, Danao era costretto a cedere e le nozze si celebravano; ma la stessa notte ognuna delle figlie di Danao, su ordine del padre, sgozza il proprio marito. Una sola delle Danaidi, Ipermestra, risparmia il suo sposo, Linceo. Dall’unione tra Ipermestra e Linceo discende la dinastia dei re di Argo e da quel giorno i Pelasgi diventano i Danai.

LE SUPPLICI DI ESCHILO
Regia Moni Ovadia e Mario Incudine
Con Moni Ovadia, Mario Incudine, Faisal Taher, Cinzia Maccagnano, Franz Cantalupo e il coro dell’Accademia nazionale del dramma antico di Siracusa.

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