#AgrigentoManifesta su querele di Arnone, Vaccarello e mancata partecipazione alla trasmissione Ballarò
Pare che la moda del momento, all’ombra dei templi, sia quella di querelare – o minacciare di farlo – i membri del gruppo Facebook di #AgrigentoManifesta.
Per un motivo o per un altro: l’avvocato Giuseppe Arnone, ad esempio, ha invitato il gruppo ad informarsi con un legale, relativamente al fatto se sia “più conveniente risarcire bonariamente all’avv. Arnone (vittima della diffamazione e della violazione di privacy) 2500 euro ciascuno immediatamente o affrontare i relativi processi”, processi che, secondo l’avvocato, dovrebbero avere luogo a carico di chi avrebbe “condiviso e quindi a sua volta diffuso mediante Facebook” un articolo – il cui contenuto può essere, a torto a ragione, considerato diffamatorio, merito nel quale non vogliamo nemmeno entrare – pubblicato da una testata locale online. Il che equivale a chiedere i danni per diffamazione all’edicolante ed all’abbonato del giornale anziché al firmatario dell’articolo o al suo direttore editoriale.
Secondo il terzo comma dell’articolo 595 del codice penale, “se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità , ovvero in atto pubblico […] la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a euro 516”. La sentenza della Cassazione 24431/15 equipara gli interventi scritti sui social network al mezzo stampa. Non v’è accenno, tuttavia, a clic sul tasto “condividi” o “mi piace”, la cui valenza è peraltro aleatoria e il cui uso intenzionale è tutto da dimostrare, considerata la diffusione ormai capillare degli smartphone, i cui schermi hanno la duplice funzione di sistema di puntamento a pressione digitale, invero molto impreciso.
Questa mattina uno degli amministratori del gruppo Facebook è stato informato telefonicamente dal consigliere Angelo Vaccarello, protagonista peraltro di un recente, breve botta e risposta con il gruppo, dell’intenzione di querelare alcune persone che lo avrebbero diffamato, o almeno così sarebbe stato informato da persone a lui vicine.
#AgrigentoManifesta non retrocede d’un solo passo. Ferma restando la conferma della totale responsabilità personale di ogni singolo membro del gruppo Facebook delle proprie esternazioni, rende noto il proprio sdegno nei confronti di simili usi intimidatori degli strumenti di legge.
Per quanto riguarda il rifiuto dei membri dell’assemblea – cosa diversa dal gruppo Facebook, puntualizzazione ripetuta mai sufficientemente – di partecipare alla diretta televisiva di Ballarò di martedì 9 giugno, questo è stato motivato dall’incapacità dei media nazionali di fare tesoro di quanto accaduto nella nostra città il 3 febbraio scorso per allargare la questione morale ai consigli comunali di tutto il Paese, da Agrigento ad Aosta; anziché alimentare lo spirito civico dei nostri concittadini in quello che avrebbe potuto diventare tutto “un coro di vibrante protesta”, si è preferito mettere in croce l’ultima città d’Italia in tutte le classifiche: il capro espiatorio perfetto. Nonostante le critiche ricevute per la nostra assenza, ribadiamo la nostra fierezza per non aver prestato il fianco ad una simile macchina del fango.