In particolare, l’agrigentino – proprietario di un immobile sito all’ultimo piano di un edificio condominiale – previa presentazione della comunicazione di inizio lavori, procedeva all’esecuzione di opere di manutenzione ordinaria che riguardavano gli impianti elettrici ed idraulici, le pareti interne e gli infissi (questi ultimi particolarmente deteriorati dal tempo e dalla vetustà).
Successivamente, il Comune di Agrigento – a seguito di relazione di sopralluogo – accertava che la sostituzione degli infissi sarebbe avvenuta “in contrasto con quanto asseverato con la CILA e con la prescrizione dell’art. 59 del R.E.C.”, atteso che il proprietario dell’immobile avrebbe “sostituito i preesistenti con altri di diversa tipologia e colore”, ha adottato, ai sensi dell’art. 33 del D.P.R. 380/2001, l’ordinanza di rimessione in pristino.
Tale provvedimento veniva così impugnato dinnanzi il TAR Sicilia-Palermo. Con il ricorso introduttivo, l’avvocato Caponnetto, deduceva l’illegittimità del provvedimento emanato dal Comune sul presupposto della violazione dell’art. 33 e 3, D.P.R. n. 380/2001, nonché per eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento della causa tipica e del travisamento dei fatti, poiché l’intervento di rinnovazione degli infissi rientrerebbe tra gli interventi di manutenzione ordinaria e, come tale, non sarebbe soggetto al permesso di costruire, configurandosi all’evidenza come attività libera, con conseguente abnormità dell’ordine di ripristino.
I giudici amministrativi, accogliendo le tesi difensive proposte dall’avvocato Vincenzo Caponnetto, hanno accolto il ricorso e – per l’effetto – hanno annullato l’ordinanza del Comune di Agrigento.