Agrigento, alla Valle dei Templi in scena “Fedra. Diritto all’Amore” con Galatea Ranzi
Il 14 agosto alle ore 21 nel magico scenario del Parco Archeologico della Valle dei Templi di Agrigento andrà in scena FEDRA. DIRITTO ALL’AMORE, una produzione del Festival dell’Eccellenza al Femminile – Compagnia Schegge del Mediterraneo con la regia di Consuelo Basilari e
il testo originale di Eva Cantarella scritto appositamente per l’edizione 2013 del Festival dell’Eccellenza al Femminile di Genova. A interpretare il ruolo di Fedra è la straordinaria Galatea Ranzi (Premio Ubu e Premio Eleonora Duse).
La location, questo meraviglioso parco che accoglie turisti da tutto il mondo, unita alla volontà di sottolineare l’internazionalità del linguaggio del mito, ha ispirato la regista a proporre una versione inedita dello spettacolo, con i sottotitoli in inglese proiettati sulla scena, nella volontà di raggiungere ed abbracciare tutto il pubblico.
“La Nuova Fedra nella trasfigurazione della morte diventa simbolo della libertà e paladina del Diritto universale all’Amore. Ella nasce dal cambiamento, ovvero dalle ceneri della Fedra prigioniera della classicità. Il risultato è un’operazione molto attuale. Nel tentativo di visualizzare emotivamente l’interiorità dell’eroina tragica di Euripide, si raccolgono i retaggi della più moderna visione poetica della classicità. La tecnica delle proiezioni e del multimediale supporta la drammaturgia del testo classico con un nuovo livello di linguaggio che si intreccia e si compenetra con la parola.” (Consuelo Barilari)
Quella interpretata da Galatea Ranzi è una Fedra profondamente moderna. L’eroina del teatro greco, moglie in seconde nozze di Teseo e travolta dalla passione fatale per il giovane figliastro Ippolito, diviene in questa trasposizione una donna consapevole anche se tormentata, ribelle e determinata nella trasgressione, pronta a sfidare nella ricerca della libertà la condanna morale della famiglia e della società. Un personaggio dirompente, profondo, sfaccettato, molto evoluto, capace di capire come rompere gli schemi e l’ordine della cultura patriarcale pur nel terribile tormento mentale. Riemersa da un passato millenario, Venere dalle acque profonde del Mediterraneo, la nuova Fedra non è prigioniera di una predestinazione divina, né di una maledizione genetica. Passione e intelligenza unite spingono la “luminosa” (questo il significato letterale del nome) a trasgredire; in lei il cambiamento è l’esigenza primaria a cui rispondere con il proprio istinto. Non meno moderna e dirompente della scrittura è la messa in scena, ideata dalla regista Consuelo Barilari, Direttore Artistico del Festival dell’Eccellenza al Femminile, che si ispira all’atmosfera del cinema “noir” e che colloca Fedra, l’eroina di Euripide, in una “altra” dimensione, creando un nuovo potente immaginario che la presenta in una modernità stilizzata nel glamour degli anni sessanta, tra raffinatissime toilettes e pettinature platinate perfette. Fedra, bellissima e misteriosa, amata e rispettata, ha fama, ricchezza, potere, è una diva tormentata, forte e fragile assieme, che ci ricorda per motivi diversi Jaquelin Onassis, Grace Kelly, Maria Callas.
Ispirandosi all’atmosfera “noir” del film Phedra di Jules Dassin (1961) lo spettacolo rompe lo schema temporale della storia: la scena si apre quando il fatto è già avvenuto. Ippolito è appena morto in un brutale incidente in macchina, scomparso tra i flutti dell’oceano, e Fedra rivive un tormentato flash-back di tutta la vicenda, prigioniera di uno spazio scenico delimitato da due grandi thulle, una “quarta parete” sul boccascena e un fondale, che l’avvolgono in un ambiente essenziale costruito da immagini filmiche, video scenografie, “emotional video” in sovrapposizioni visive e sonore che si fondono con la recitazione. Brani del film si fondono con effetti multimediali alla vicenda teatrale, permettendo a Fedra di sdoppiarsi in molti personaggi della tragedia, ponendo in questo modo l’azione e il dramma sono sempre al centro dell’attenzione. Attraverso uno sdoppiamento creato con le proiezioni la protagonista fa rivivere un dialogo vis a vis con la nutrice, e sempre attraverso le immagini parla a una folla di astanti come in una moderna agorà. Grandi oggetti abitano la scena come istallazioni d’Arte: un sofà ispirato a Savinio e una vasca da bagno originale in ghisa del 1912. Essi sono oggetti d’amore e di morte per la bella e fatale Fedra. Fedra intravede attorno a sé i fantasmi dei personaggi del dramma, e confonde la propria immagine con se stessa nel gioco di luci e ombre tra Teatro e immagini filmiche, in continuo scambio tra Mito, contemporaneità e altro reale.
Fedra – diritto all’amore
Con Galatea Ranzi nel ruolo di Fedra
Testo originale di Eva Cantarella
Regia e immagini Consuelo Barilari
Consulenza drammaturgia e testi greci Marco Avogadro
Musiche Andrea Nicolini
Luci Liliana Iadeluca, Editor video ed immagini Angela Di Tomaso, Creazione oggetti di scena Paola Ratto, Sarta Umberta Burroni, Suono Rinaldo Compagnone
Compagnia Schegge di Mediterraneo