Sarebbe questa l’intenzione della maggioranza dei comuni della provincia di Agrigento di riappropriarsi degli impianti idrici che circa 7 anni fa furono consegnati al gestore privato. I sindaci potranno infatti riprendersi le reti legittimati da una norma, l’art.5 comma 6 della Legge Regionale 11 agosto 2015 n.19, che glielo consente.
Agrigento, Calamonaci, Caltabellotta, Campobello di Licata, Canicattì, Casteltermini, Castrofilippo, Cattolica Eraclea, Favara, Grotte, Licata, Lucca Sicula, Montallegro, Montevago, Naro, Palma di Montechiaro, Porto Empedocle, Racalmuto, Raffadali, Ravanusa, Realmonte, Ribera, Sambuca di Sicilia, San Giovanni Gemini, Sciacca, Siculiana e Villafranca. Questi alcuni dei comuni che hanno già manifestato l’intenzione di procedere dopo l’emanazione in Sicilia della legge regionale che a quattro anni dal referendum, dà mandato ai comuni per riportare nelle mani pubbliche la gestione dell’acqua. Novanta giorni di tempo per una deliberazione motivata che le farà riprendere il controllo dell’acqua in città.
La riunione ha comunque messo in risalto alcune delle criticità della legge regionale che sembrerebbe essere un inizio circa il ritorno alla gestione pubblica del servizio; seppur a breve non garantirà alcuna novità rispetto al presente.
Una legge che, dalla sua approvazione, ha fatto subito emergere il “caso Agrigento” con il gestore privato, Girgenti Acque spa, applicare tariffe ben più alte rispetto a quei comuni che ancora oggi gestiscono le reti idriche da soli.
Per avere un quadro della situazione, basti pensare che i Comuni che non hanno affidato a Girgenti Acque le condotte idriche, pagano una media di 300 euro l’anno di acqua, ovvero meno della metà rispetto a quei comuni che sono sotto la gestione della spa. Un paradosso che, con l’emanazione della legge regionale n. 19 del 2015, non dovrebbe più accadere.
© RIPRODUZIONE RISERVATA