Con apposito decreto, l’Assessorato Regionale della Salute ha introdotto i criteri di ripartizione alle strutture dei budget per l’erogazione di prestazioni a carico del Servizio Sanitario.
Talune strutture odontoiatriche, radiologiche e alcuni laboratori (accreditati e contrattualizzati) delle Province di Agrigento, Palermo, Trapani, Caltanissetta, Messina e Enna, ritenendo tali criteri illegittimi e lesivi dei propri interessi, hanno proposto ricorso innanzi al Giudice Amministrativo, con il patrocinio degli avv.ti Girolamo Rubino e Giuseppe Impiduglia.
In particolare, con il ricorso, gli avv. Rubino e Impiduglia hanno dedotto l’illegittimità del suddetto Decreto laddove prevede che le strutture accreditate dovessero – a pena della cessazione della remunerazione delle prestazioni sanitarie espletate e sospensione dell’accreditamento istituzionale – sottoscrivere il contratto accettandone incondizionatamente il contenuto e rinunciando a proporre qualunque azione giurisdizionale a tutela dei propri diritti.
Con decreto del 11.11.2024, condividendo le tesi sostenute dagli Avv.ti Rubino e Impiduglia, il Presidente del CGARS, ha sospeso il Decreto Assessoriale nella parte in cui introduce “clausole volte a imporre alla parte privata la rinuncia, preventiva e successiva, a ogni tutela giurisdizionale nei confronti degli atti (impugnati o impugnabili) di determinazione dei tetti di spesa … nonché la “rinuncia alle azioni/impugnazioni già intraprese avverso i predetti provvedimenti ovvero ai contenziosi instaurabili avverso gli stessi”. In particolare, il Presidente del CGA ha affermato che dette clausole “appaiono incompatibili con il diritto, costituzionalmente garantito, alla piena tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dei soggetti privati nei confronti delle amministrazioni pubbliche”.
Per l’effetto dell’accoglimento della richiesta di concessione di misure cautelari, le strutture sanitarie potranno sottoscrivere i contratti di assegnazione del budget senza dovere rinunciare alla possibilità di contestare (anche in sede giudiziaria) gli importi loro assegnati.