“Racconti d’Estate”: la seconda parte di “Grano Duro” di Giuseppe Graceffa
“Racconti d’Estate“, la nuova rubrica settimanale di Scrivo Libero, che per questa stagione estiva vuole allietare i nostri lettori con alcuni racconti dello scrittore aragonese, Giuseppe Graceffa, un autore poliedrico che predilige spaziare con disinvoltura tra generi letterari diversi, dal realismo alla fantascienza, nonché tra stili di scrittura differenti, dal romanzo al racconto, dalle sceneggiature ai saggi.
Finalista in diversi concorsi letterari, ha pubblicato un saggio cinematografico sulla trilogia di Matrix e un romanzo fantasy dal titolo “Il Sigillo di Khor” edito dal gruppo editoriale Twins Edizioni & David And Matthaus, disponibile in libreria.
Oggi la seconda parte di “Grano Duro”:
“GRANO DURO“
SECONDA PARTE
Totò si lasciò cadere su una pietra sulla quale si sedette affranto. Quei grandissimi cornuti gli avevano portato via la sua farina. Gli avevano tolto il pane dalla bocca. A lui e alla sua famiglia. Era
talmente furioso che tremava come una foglia e quasi non riusciva ad alzarsi dalla pietra dove era seduto.
Gli ci volle qualche minuto prima di trovare la forza di rimettersi in piedi e riprendere la strada di casa. Che avrebbe detto a sua moglie? Il poco grano che gli era toccato dopo la mietitura era ciò che sfamava la sua famiglia. Non poteva permettersi di perderlo in quel modo.
Durante il tragitto che gli restava da fare non fece altro che pensare e quello che gli era capitato. Si sforzava di riuscire a capire chi fossero i due ladri che gli avevano portato via la sua farina cercando di ricordarsi il suono delle voci e le loro sembianze.
Sembrava che lo stessero aspettando e che sapessero che stava trasportando farina già macinata. Quindi forse erano persone del luogo che conoscevano quello che faceva e le sue abitudini. Sapevano che era solito andare a macinare parte del suo grano. E le loro voci poi non gli erano del tutto sconosciute, anche se non proprio familiari.
Quando arrivò nei pressi del piccolo agglomerato di case, tra cui anche la sua, nel quale vivevano le famiglie dei contadini che si occupavano dei campi del Barone Agnello, poco lontano dal paese, gli venne incontro correndo il figlio più piccolo, Calogero, che stava giocando con gli altri bambini. Totò lo fece salire con sé sul mulo e lentamente si avviò verso la sua misera abitazione
Quando entrò in casa aveva una faccia da cadavere e Maria che stava cucinando alcune verdure se ne accorse immediatamente.
– Che successe? – Gli chiese venendogli incontro. – Che è quella faccia?
Totò si sedette pesantemente su una sedia cercando di trovare il coraggio di raccontare l’accaduto
– Dov’è la farina? – Gli chiese ancora la moglie che stava cominciando a preoccuparsi.
– Totò, ti ho chiesto dov’è la farina?
Maria era ferma davanti al marito, le gambe leggermente divaricate, i pugni piantati sui fianchi e lo sguardo duro e fisso rivolto al consorte che se ne stava invece a capo chino.
– Che dobbiamo fare Totò – gli gridò quasi sua moglie. – Vuoi parlare o no?
– Me l’hanno rubata – disse l’uomo con un filo di voce
– Beata Vergine Maria, la farina ti hanno rubato?
La donna sconvolta si appoggiò al tavolo facendosi ripetutamente il segno della croce mentre Totò le raccontava per filo e per segno quello che era successo. Alla fine la donna scoppiò a piangere e a lamentarsi sommessamente per la loro triste sorte. Totò cercò di consolarla abbracciandola e accarezzandole i lunghi capelli neri.
– Domani andrò a macinare un altro po’ di grano
– Sì, ma quello che ci è rimasto non ci basterà – ribatté Maria singhiozzando.
– E noi ce lo facciamo bastare. Vuol dire che io mangerò di meno.
Maria lo guardò con compassione e si asciugò le lacrime senza però smettere di singhiozzare.
– E come fai a lavorare se non mangi?
– Tu non ti preoccupare, l’importante è che ci facciamo bastare il grano che ci è rimasto.
– Ma chi fu a rubarti? – gli chiese senza guardarlo
– Non lo so chi erano. Due mascherati che mi fermarono mentre stavo tornando.
Totò raccontò nuovamente com’erano andate le cose e la donna riprese a piangere. Totò l’abbracciò con tenerezza. Si sentiva tremendamente in colpa per ciò che era successo e per la sofferenza che la moglie stava provando. Era sicuro che sarebbero riusciti a non patire troppo la perdita che avevano subito, anzi, era determinato a fare in modo che la sua famiglia non avesse conseguenze per il grano
in meno.
Il sole ormai stava per tramontare per cui Maria si fece forza. Chiamò a voce alta i bambini che erano ancora a giocare e si affrettò a preparare qualcosa da mangiare. Consumarono un frugale pasto a base di verdura cotta, immersi in un silenzio interrotto solamente dai lamenti dei bambini che non gradivano la cena e dai rimproveri della madre che li esortava a mangiare minacciando l’intervento del padre se non lo avessero fatto.
Maria aveva ripreso il suo solito atteggiamento. Era una donna solida, forte, dedita alla famiglia e gran lavoratrice. E anche bella, pensò Totò mentre la guardava. Aveva ancora un seno florido e pronunciato, fianchi ampi e gambe robuste. Gli occhi scuri, penetranti e languidi. Labbra carnose e invitanti e capelli neri e lisci, raccolti spesso in una lunga treccia che la rendeva vivace e sbarazzina.
Non parlarono più di quanto era successo per il resto della serata e anche quando furono a letto, la donna evitò accuratamente l’argomento come a voler cancellare il fatto dalla memoria. E anche Totò, a cui non dispiaceva glissare sulla questione, non ne fece parola.
Ma era evidente che entrambi avevano la testa occupata da foschi pensieri. Quella notte l’uomo fece fatica a prendere sonno nonostante la stanchezza che sentiva in corpo. Decise che l’indomani sarebbe tornato al mulino visto che avevano bisogno della farina, e si ripromise di non far mancare più niente alla sua famiglia.
L’indomani, dopo aver lavorato nei campi fin dall’alba, Totò si apprestò a tornare da don Ciccio. Riempì nuovamente le ceste di grano rammaricandosi del fatto che la quantità di frumento rimasto era diminuita parecchio, le caricò sul mulo e si diresse verso l’uscita della stalla.
Maria lo guardava con aria preoccupata ma non disse nulla al marito. Voleva non fargli pesare la situazione ma, inevitabilmente, proprio per la mancanza delle solite raccomandazioni che usava affibbiare all’uomo ogni volta che si recava a macinare il grano, si avvertiva distintamente la preoccupazione che pesava sulla donna.
Totò cercò di non pensarci, le diede un bacio e si avviò verso il mulino.
Fece il solito tragitto che lo conduceva al mulino Cacarodduli dove ad attenderlo trovò come sempre, don Ciccio che lo vide arrivare da lontano e che se ne stava in piedi con aria perplessa.
Appena giunse al mulino Totò salutò il proprietario scendendo dal mulo mentre questi gli chiedeva come mai fosse tornato così presto visto che c’era stato solamente il giorno prima. Il contadino gli raccontò quello che era successo mentre don Ciccio scuoteva la testa con aria di disgusto.
– Porci cornuti – disse poi quando Totò completò il suo racconto – fussi cosa di spararci in testa a ‘sti cornutazzi.
L’uomo continuò a inveire contro i ladri anche mentre chiamava i picciotti per lavorare il grano di Totò. Poi, calmatosi, gli offrì nuovamente il suo vino e subito dopo si allontanò, lasciando Totò a controllare le operazioni di macinatura.
Finita la macinatura, consegnarono la farina al contadino il quale subito dopo si apprestò a ripartire per tornare verso casa seguito dalle raccomandazioni di don Ciccio di stare attento. E in effetti cercò di stare in guardia. Guardava in ogni direzione attento a scorgere ogni possibile movimento anche se era convinto che non si sarebbe fatto vivo nessuno. Quei cornuti avevano avuto quello che volevano, e sicuramente non avrebbero pensato di derubarlo di nuovo il giorno dopo.
E infatti non si fece vedere nessuno durante tutto il tragitto ma proprio quando mancava poco per arrivare a casa e Totò si stava già rilassando, una voce alle sue spalle lo fece sussultare
– Totò – gli gridarono – unni vai?
Il contadino si voltò e vide i due uomini del giorno prima che si avvicinavano lentamente guardandosi intorno per vedere se erano soli. Erano entrambi armati come il giorno precedente e indossavano ancora i loro fazzoletti lerci sul viso. Evidentemente lo conoscevano visto che avevano fatto il suo nome. Quindi possibilmente anche lui doveva conoscerli. Se solo avesse capito chi erano
– Che è? Te ne vai a casa senza salutare? – Disse uno di loro mentre l’altro sembrava sghignazzare.
Totò era furioso. Non poteva sopportare un altro furto. Ma che cosa poteva fare? Quelli erano in due ed erano armati mentre lui era da solo e disarmato. Scese quindi dal mulo con l’intento di parlare con loro e cercare di farli desistere dai loro intenti.
Non perdete la terza ed ultima parte del racconto “Grano Duro” che sarà pubblicata sabato 11 luglio.
Ecco il calendario delle prossime pubblicazioni:
– Sabato 11 luglio: terza (ed ultima) parte del racconto “Grano Duro“;
– Sabato 18 luglio: prima parte del racconto “Il Dottore Licata“;
– Sabato 25 luglio: seconda parte del racconto “Il Dottore Licata“;
– Sabato 1 agosto: terza (ed ultima) parte del racconto “Il Dottore Licata“;
– Sabato 8 agosto: prima parte del racconto “La Truscia“;
– Sabato 22 agosto: seconda parte del racconto “La Truscia“;
– Sabato 29 agosto: terza (ed ultima) parte del racconto “La Truscia“;
– Sabato 5 settembre: prima parte del racconto “Questione di corna“;
– Sabato 12 settembre: seconda parte del racconto “Questione di corna“;
– Sabato 19 settembre: terza (ed ultima) parte del racconto “Questione di corna“.
Non mancate all’appuntamento!!!
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