Centro di accoglienza a Porto Empedocle, la cooperativa replica al Sindaco: “ha visto le comunicazioni? Nessun blitz”
La cooperativa “Il Delfino”, che a Porto Empedocle gestisce un Centro d’accoglienza per migranti minori stranieri non accompagnati in via Genuardi, interviene a seguito delle recenti dichiarazioni nel merito da parte del sindaco di Porto Empedocle, e, più in genere, nell’ambito delle polemiche insorte sull’attivazione dello stesso Centro.
La dirigenza della cooperativa “Il Delfino” afferma: “Ebbene sì: dopo giorni intensi in cui il compito principale del sindaco Empedoclino è stato quello di scrivere su Facebook, contattare giornali e inscenare proteste, è ora di analizzare quanto successo, e di aprire un po’ gli occhi su chi si sceglie per rappresentare le nostre città“.
“Nella città di Porto Empedocle il 27 luglio è stato aperto un centro di primissima accoglienza per minori stranieri non accompagnati gestito da una cooperativa che vanta anni di esperienza nella gestione di progetti di accoglienza rivolti a minori stranieri.
Il centro – così come si evince dal sito istituzionale dell’Assessorato Regionale della Famiglia e delle Politiche sociali, che rilascia i decreti di funzionamento – è regolarmente accreditato presso tale assessorato. Ciò significa che possiede gli standard strutturali e qualitativi per la gestione di tali progetti. Tale ovvia deduzione è stata completamente ignorata dal Sindaco Empedoclino che, all’arrivo dei minori provenienti direttamente da uno sbarco ad Augusta, si è fatta trovare davanti il portone della struttura con tanto di fascia tricolore non per accogliere ma per protestare contro questa apertura e lanciare accuse e illazioni che lasciano solo intendere l’approssimazione e l’incompetenza di una politica fatta solo di luoghi comuni e scarsa competenza“.
“Il sindaco – continua la nota della Cooperativa ‘Il Delfino’ – accusa l’Ente di blitz a sorpresa la vigilia di Ferragosto con i 43 minori ospitati ignorando che, al fine di ottenere un accreditamento regionale per la gestione di questa tipologia di strutture occorre un iter di circa 6 mesi, e durante tale periodo occorrono dei passaggi fondamentali di perizie e autorizzazioni che coinvolgono due istituzioni fondamentali Indovinate da parte di chi? L’Azienda sanitaria provinciale e il Comune dove è sita la struttura. E dopo tale iter l’assessorato regionale rilascia il decreto di funzionamento che, sempre per dovere di cronaca, è reso pubblico e per tale struttura è stato rilasciato il 10 luglio 2017“.
“Da tale autorizzazione, l’Ente in questione, tramite comunicazione a tutti gli organi competenti, ha informato dell’apertura del servizio, che, per come vuole la definizione stessa di “primissima accoglienza”, avrà i suoi primi utenti solo quando arrivano e se poi arrivano il giorno prima di Ferragosto non è di certo un blitz, ma adempiere a ciò a cui il servizio stesso aspira.
Ritorniamo sulle incompetenti accuse. Sui social si legge che il sindaco non sapeva niente. Ci si chiede: le ha viste le comunicazioni con regolare ricevuta di consegna fatte 20 giorni prima, nonché tutto l’iter di cui sopra si parlava? Il sindaco non sa leggere? Non comunica con i suoi uffici? Non conosce le leggi che regolamentano i servizi che un Comune può offrire? No, forse è semplicemente troppo impegnato a ripetere come il ritornello di una canzone ciò che il suo gruppo politico propone a fini elettorali millantando giustificazioni che, solo per chi ha senso critico e una normale intelligenza, permettono di riflettere su un modo di fare politica che ricalca esattamente il luogo dove nasce, cioè i social, quindi apparenza, superficialità, luoghi comuni e mancanza di autenticità. Le accuse continuano adducendo all’apertura una minaccia se non addirittura la distruzione dell’economia empedoclina. Ci si chiede, ma come? 43 ragazzi che mangiano in più a Porto Empedocle, e che usufruiscono di servizi possono mai portare in default un paese? E allora arriva la specifica per far capire meglio.. minaccia al turismo perché la struttura si trova in pieno centro commerciale: e lì veramente si cade nell’amarezza più profonda perché entrano in gioco vissuti di esclusione che fanno piombare il nostro paese in un’arretratezza se non meschina cultura razziale per cui i neri minacciano l’economia e il turista che arriva a Porto Empedocle scappa dal paese perché si sente in pericolo o perché vede persone che non hanno la sua stessa pelle“.
“Ma, per rincarare la dose, ciò che preoccupa il primo cittadino è che il centro darà problemi di ordine pubblico e alla sicurezza del paese: ma se erano 43 minori italiani che scappavano dalle loro famiglie perché violentati, minacciati e senza un futuro, avrebbe detto la stessa cosa?
È difficile a credersi, ma nel 2017 leggere e sentire aleggiare solo stereotipi di tale stampo fa veramente paura, perché ci fa comprendere come chi ci rappresenta, e quindi fa scelte per noi, ci orienterà sempre di più verso dinamiche non di sviluppo ma di autodistruzione. Sì perché se si fa un’attenta analisi basta leggere e documentarsi per comprendere che il fenomeno migratorio accompagna l’uomo fin dalla sua comparsa sulla terra. L’uomo è un animale nomade che per sua stessa natura di sopravvivenza ha bisogno di spostarsi per crescere, per migliorarsi e per evolversi. In questo nostro periodo storico stiamo vivendo un flusso migratorio che vede i popoli africani spostarsi verso nord per cercare rifugio dalle guerre, per cercare cibo, per cercare di studiare, per cercare di scappare a Stati senza regole e giustizia sociale, per cercare la libertà. Come tutti i fenomeni che riguardano l’uomo, poi l’uomo stesso decide di metterci del suo e da lì nasce il traffico di esseri umani, la mala gestione dei centri di accoglienza e il business. Ma perché generalizzare? Perché non soffermarsi sul caso singolo e capire come stanno realmente le cose? Forse perché fa voti dire che è solo business, che c’è mala affare, o perché con tali affermazioni si guadagna pure il consenso del boss per una candidatura a valenza regionale?
Il centro “Terraferma”, così si chiama visto che il sindaco non si premura nè di conoscere nè di sapere chi lo gestisce, è stato progettato ed è gestito già sin dal nome stesso con un modello che vede nel minore il suo superiore interesse, e che, a partire dal rispetto dei sui diritti (che lo Stato Italiano ha nella sua Costituzione), prevede un’accoglienza emancipante applicando un modello educativo che ha sviluppato in anni di esperienza nel settore, e che già ha portato risultati validi e riconosciuti dalle Istituzioni che scardinano una concezione malaffaristica di fare accoglienza“.
“Altre paure, come la mancanza di sicurezza per le case vicine (sempre secondo il Sindaco), trovano veramente scarsa valutazione specie quando, interpellate le parti in causa dal Prefetto, viene proposto dallo stesso sindaco che unica soluzione è spostare il centro di qualche metro. E cosa cambierebbe? Forse solo per dimostrare a un pubblico superficiale che il sindaco vince una finta battaglia che ha solo sapore elettorale?
E allora scende in campo anche la filosofia: il centro minaccia l’Agorà! Ma si conosce la definizione di tale termine? Sì, certo, l’Agorà è il luogo per definizione dove nasce la politica, cioè dove nasce il confronto costruttivo per creare una nuova sintesi, cioè nuove realtà di sviluppo e di crescita, ma non è di certo fatta sui social l’Agorà, nè tanto meno è fatta di accuse costanti e di giudizi su tutto quello che non va, che è marcio e che è sbagliato. La denuncia sociale per avere un valore reale va suffragata dai fatti, dal mettersi in gioco, cercare confronto e soprattutto dal cercare soluzioni. Non si può essere struzzi e dire che i migranti sono un business, fermiamoli, quando, di fronte a un fenomeno antropologico, la storia insegna che si deve solo riflettere e cercare strategie giuste che vedono nel migrante non l’estraneo, il diverso, ma una risorsa. Ed è questa l’aria che si respira a “Terraferma”, una struttura accogliente e soleggiata di 3 piani in pieno centro: e già solamente questo lascia presagire che i minori migranti non sono di serie B, per cui vanno ghettizzati nelle periferie, ma vengono accolti rispettandone dignità cultura e vissuti. L’equipe giovane è fatta di operatori preparati e formati con tanto di titolo, che si mettono in gioco con la loro professionalità e che quindi a loro volta hanno avuto una possibilità per rimanere in Sicilia, e forniscono con il loro lavoro strumenti educativi di crescita, che consentano ai minori stranieri di rendersi autonomi e cercare di realizzare ciò per cui sono partiti. Si leggono sulle mura della struttura orari e regole che lasciano intendere un metodo autorevole, non lasciato all’anarchia degli utenti, e si osservano delle attività di alfabetizzazione, cucito e ricreative che lasciano ampio spazio di crescita e sviluppo a degli adolescenti che, a parte la pelle, sono uguali in tutto ai nostri adolescenti“.
“La normativa stessa prevede di allocare le strutture nei centri urbani per favorire l’integrazione socio-culturale e non l’esclusione, scongiurando forme di ghettizzazione che, come molti studi dimostrano, creano a loro volta solo fenomeni di degrado sociale e categorie a rischio.
Vedere nei volti di questi ragazzi la speranza e la voglia di futuro è l’unico metro che dovrebbe orientare la politica stessa a prendere atto di un fenomeno sociale, di non negarlo con la repulsione ma di cercare di trovare metodi e strumenti utili per gestirlo, educando la cittadinanza a vederne le risorse piuttosto che i vincoli“, concludono dalla cooperativa “Il Delfino”.