Tasi e Imu: “Vademecum” per superare indenni la scadenza del 16 giugno
Manca solo un giorno al “tax day”. Domani, 16 giugno, gli italiani dovranno confrontarsi con il pagamento dell’Imu e della Tasi.
Sono ancora milioni i cittadini del “belpaese” a doversi mettere in regola sia con la tassa che riguarda chi è “colpevole” di essere proprietario di una casa, sia con l’imposta municipale unica per le seconde case e il tributo sui servizi indivisibili (come l’illuminazione, l’anagrafe, la manutenzione delle strade o dei giardini che da due anni sostituisce l’Imu sulle abitazioni principali).
Questo spiacevole appuntamento, almeno questa volta, ha un vantaggio: non obbligherà i proprietari di casa al solito tour de force fiscale tra ore di fila in Comune per chiedere lumi sulla compilazione dei bollettini. E questo non perché le amministrazioni abbiano finalmente deciso di inviare i modelli già compilati a casa (l’anno della svolta sarà forse il 2016), ma perché i Comuni non hanno deliberato le nuove aliquote: su 8.047 sindaci solo 1.200 hanno già deciso per il 2015. Hanno infatti tempo fino al 28 ottobre. E solo allora, sulla base dei nuovi valori, si determinerà il saldo di dicembre.
Così, la maggior parte dei proprietari di immobili può pagare l’acconto Imu e Tasi semplicemente sommando acconto e saldo 2014 e poi dividendo l’importo per due. Ma le cose si fanno subito complicate quando, ad esempio, l’acquisto dell’immobile è avvenuto in questi primi mesi del 2015. In questo caso, calcolata tutta l’imposta dovuta per il 2015, va pagata la metà. O ancora. Se invece il contribuente ha acquistato un immobile il primo settembre 2014, entro il 16 giugno deve calcolare Imu e Tasi sulla base dell’aliquota dei dodici mesi dell’anno precedente, indipendentemente dal fatto che lo scorso anno ha avuto il possesso dell’immobile per soli quattro mesi.
Un quadro ingarbugliato, che coinvolge 9,7 milioni di proprietari di prima casa e 25 milioni di titolari di altri immobili sui quali si sta per abbattere un doppio prelievo fiscale delle tasse sulla casa, che valgono circa 12 miliardi di euro. Ecco un riepilogo delle norme per essere sicuri di non sbagliare e non pagare più del dovuto.
Tasi sulla prima casa
Il concetto di “prima casa” ai fini della Tasi è lo stesso previsto dalla legge per l’Imu: per abitazione principale si intende quella in cui il proprietario è anagraficamente residente e fisicamente domiciliato. Così, se è prima casa anche l’immobile abitato dall’ex coniuge (va pagata solo la Tasi), non può essere considerata tale la casa delle vacanze dove il coniuge, per usufruire delle agevolazioni, ha preso la residenza ma non la dimora effettiva. In questo caso, quindi, sull’immobile vanno pagate sia l’Imu che la Tasi. L’imposta municipale unica, in generale, si applica sulle seconde case, sugli immobili locati, sui fabbricati produttivi, sulle aree edificabili, sugli edifici rurali strumentali oppure sulle abitazione principali di lusso. Gli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari (Iacp) o dagli enti di edilizia residenziale pubblica sono, invece, soggetti solo al pagamento della Tasi.
Aliquote e detrazioni per l’abitazione principale e le seconde case
Per i Comuni in cui non sono state comunicate variazioni (solo circa il 15% ha provveduto a deliberare quest’anno, qui l’elenco aggiornato) vale quanto deciso nel 2014. Per la Tasi, l’aliquota base è dell’1 per mille, la massima del 2,5 per mille e c’è la possibilità per i Comuni di introdurre un’eventuale maggiorazione fino a un massimo dello 0,8 per mille (per un totale del 3,3 per mille) a patto, però, di aver previsto specifiche detrazioni per i proprietari in base al reddito, alla presenza di figli o al numero degli occupanti. In ogni caso la somma di Imu e Tasi, al netto della maggiorazione, non può superare per ciascun immobile l’aliquota massima Imu prevista per legge, ossia il 10,6 per mille, con la maggiorazione può raggiungere l’11,4 per mille. Con un’importante novità: il governo è finalmente riuscito a riattivare con 530 milioni di euro (contro 625 milioni del 2014) il fondo messo a disposizione per 1.800 Comuni che con il passaggio dall’Imu alla Tasi, incassando di meno, non avrebbero risorse per garantire gli sconti sulla prima casa.
Come si calcolano Imu e Tasi
Le regole sono identiche: ogni contribuente deve effettuare il calcolo considerando gli immobili posseduti e la loro destinazione d’uso. È necessario conoscere la tipologia di immobile con le eventuali pertinenze (cat. C/2, C/6 o C/7) dell’abitazione principale (per calcolare la detrazione se prevista), i dati del valore della rendita catastale dell’immobile per la rivalutazione, la percentuale e i mesi di possesso (riferiti al 2015). Calcolatrice alla mano, la rendita catastale dell’immobile va moltiplicata prima per 5%. Si ottiene così la rivalutazione che deve essere moltiplicata per la somma dei coefficienti previsti. Ad esempio, 160 per le prime case o le relative pertinenze. Sugli altri immobili – seconde case, prime case di lusso, uffici, negozi, botteghe o capannoni – si pagano sia l’Imu sia la Tasi, con un’aliquota complessiva che al massimo può arrivare all’11,4 per mille. All’importo ottenuto, poi, vanno applicate le aliquote e le detrazioni dello scorso anno o quelle nuove deliberate in alcuni Comuni.
Esempio di calcolo Tasi
Abitazione principale in cat. A/3 (proprietà 100%) con rendita catastale di 633 euro, due figli di 19 e 22 anni residenti e dimoranti; box in cat. C/6 (proprietà 100%) con rendita catastale di 70 euro. Aliquota Tasi al 3,3 per mille:
633 x 1,05 x 160 x 3,3 / 1000 – 110 (detrazione casa) – 60 (detrazioni figli) = 219,74 euro
Acconto 16 giugno = 110 euro
La quota a carico dell’inquilino
Diversamente dall’Imu, che deve essere pagata solo dal proprietario dell’immobile, la Tasi va corrisposta anche dall’inquilino, comodatario o assegnatario. La percentuale è stabilita dal Comune entro una forbice che va dal 10% al 30% dell’ammontare complessivo del tributo. La restante parte è invece pagata dal proprietario, che non ha l’obbligo di comunicare all’inquilino la quota dovuta o versarla per suo conto. Se l’importo è inferiore ai 16 euro annui non si deve pagare.
Imu terreni agricoli
In base alle modifiche entrate in vigore lo scorso marzo è prevista l’esenzione completa solo per i terreni che si trovano nei comuni classificati come totalmente montani sulla base dell’elenco stilato dall’Istat. Per i terreni di collina sono previste esenzioni a favore dei proprietari che sono coltivatori diretti o imprenditori agricoli. Negli altri casi invece valgono le regole già previste in passato. Chi nel passaggio tra le vecchie e le nuove norme ha perso l’esenzione gode invece di una speciale detrazione di 200 euro.
Come si effettuano i versamenti
Oltre al bollettino postale, si può anche utilizzare il modello F24, pagando così anche per via telematica attraverso la propria banca. Quest’ultima soluzione, tra l’altro, consente anche di compensare gli importi dovuti con altri crediti d’imposta. Attenzione, però, perché lo scorso ottobre sono cambiate le regole: se il saldo è pari a zero per effetto di compensazioni di debiti e crediti, il modello va pagato solo attraverso l’F24 online, l’F24 web o l’F24 cumulativo. Invece, qualora il modello F24 chiuda a debito per un importo superiore a 1.000 euro, il pagamento deve avvenire in via telematica con i canali delle Entrate o tramite gli intermediari della riscossione convenzionati con l’Agenzia (banche, Poste e agenti della riscossione).
Ravvedimento
La possibilità di autocorreggersi entro 30 giorni dalla scadenza, contando su una mini sanzione, riguarda sia i mancati pagamenti sia gli errori nei bollettini. In pratica se si salta il pagamento dell’Imu o della Tasi, si può pagare entro il 15 luglio sborsando solo il 3% in più della somma da versare, contro il 30% previsto nel caso di un accertamento. Se si paga dopo il trentesimo giorno di ritardo rispetto alla scadenza e, comunque, entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui è stata commessa la violazione, si dovrà versare una sanzione del 3,75% più gli interessi legali dell’1% annuo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA