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Aggredito da un cane randagio, il Comune deve risarcire i danni. Pesano scarsa illuminazione e rifiuti in strada che agevolano il sinistro

La Pubblica Amministrazione è responsabile per i danni causalmente riconducibili alla violazione di comportamenti dovuti, tra i quali c’è l’obbligo di tutelare la pubblica incolumità. Rientra in queste ipotesi anche l’aggressione di un cane randagio a un cittadino, che può chiedere il risarcimento al Comune. È quanto ha stabilito oggi la sesta sezione civile della Cassazione con l’ordinanza 32884/21, in base ai principi generali su nesso di causalità e responsabilità colposa: sta all’ente provare di aver attivato il servizio di cattura. Pertanto spetta al Comune risarcire il cittadino aggredito e ferito da un cane randagio. Il servizio di recupero degli animali senza padrone grava sull’ente che, anche senza formali denunce, deve desumere la preesistenza del fenomeno tramite il personale preposto all’ordinario controllo del territorio. Per la Corte d’appello l’azienda sanitaria è onerata del servizio di cattura dei cani randagi in via sussidiaria, per evitare soluzione di continuità nella transizione del relativo compito al Comune, ma solo nelle aree urbane in cui il fenomeno del randagismo era più avvertito. Ma ha riconosciuto il Comune responsabile, ex articolo 2043 Cc, dell’evento e per l’effetto condannandolo al pagamento del risarcimento del danno al cittadino danneggiato. L’ente, contro tale decisione, ricorre in sede di legittimità denunciando anche il fatto che il giudice aveva ritenuto esente da responsabilità l’azienda sanitaria. Nella sentenza gli Ermellini, infatti, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, spiegano come il motivo è infondato ricordando che «la responsabilità per i danni causati dai cani randagi spetta esclusivamente, nel concorso degli altri presupposti, all’ente, o agli enti, cui è attribuito dalla legge (e in particolare dalle singole leggi regionali attuative della legge quadro nazionale 14 agosto 1991, n. 281) il compito di prevenire il pericolo specifico per l’incolumità della popolazione connesso al randagismo e cioè il compito della cattura e della custodia dei cani vaganti o randagi, mentre non può ritenersi sufficiente, a tal fine, l’attribuzione di generici compiti di prevenzione del randagismo, quale è il controllo delle nascite della popolazione canina e felina, avendo quest’ultimo ad oggetto il mero controllo «numerico» degli animali, a fini di igiene e profilassi, e, al più, una solo generica e indiretta prevenzione dei vari inconvenienti legati al randagismo». Insomma, il servizio di recupero dei cani randagi grava sul Comune e proprio a quest’ultimo spetta dimostrare di aver assolto a tale osservanza in base ai principi generali in materia di nesso di causalità e di responsabilità colposa. Nel caso in concreto, non è stata portata nessuna prova, anzi al contrario, è stato dimostrato il mancato servizio, l’omessa organizzazione necessaria e un’inefficiente raccolta dei rifiuti e di illuminazione pubblica che hanno reso le condizioni “ideali” per il compiersi dell’incidente. Il Comune, insomma, viene ritenuto responsabile per i danni causati ai cittadini se non ha impiegato le misure e gli accorgimenti più idonei all’assolvimento dei suoi compiti, essendo esso tenuto ad evitare o ridurre i rischi connessi all’attività di attuazione della funzione attribuitole.