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Ciminnisi (Familiari di vittime di mafia) al Presidente della Commissione antimafia Nicola Morra: “Desecretate gli atti”

Giuseppe Ciminnisi, Coordinatore nazionale Familiari Vittime di mafia Ass. I Cittadini contro le mafie e la corruzione scrive al Presidente della Commissione antimafia Nicola Morra.

Sig. Presidente, mi rivolgo a Lei per l’incarico che ricopre, per manifestarle tutto il disagio e la sofferenza di quanti come me (familiari di vittime innocenti di mafia) si sentono violentati da un’omertà istituzionale che per troppi decenni è stata funzionale ad allontanare la verità sulle stragi del ’92.

Come potrei definire, se non “omertà”, certi silenzi?

Come potrei tacere dinanzi la mancata desecretazione – per decenni – degli atti relativi ai Giudici Falcone e Borsellino da parte del Consiglio superiore della magistratura, al solo fine di non mettere in discussione gli equilibri che governavano il mondo interno della magistratura (così come recentemente riferito da Luca Palamara in Commissione parlamentare antimafia)?

Anche quest’anno non ho partecipato e non parteciperò agli eventi commemorativi in ricordo dei Giudici uccisi, perché se la mafia uccide e il silenzio pure, non so più quale chiave di lettura dare ai troppi silenzi istituzionali che fin dall’immediatezza delle stragi di Capaci e via D’Amelio hanno finito con il favorire anni di depistaggi, impedendo che fosse resa giustizia alle vittime di quelle stragi.

Abbiamo dovuto aspettare decenni, prima che a Caltanissetta – grazie all’operato dell’attuale Procura – venissero diradate alcune nebbie, ma nonostante ciò, ci sono ancora molti punti oscuri sui quali far luce.

Mi rivolgo a Lei Sig. Presidente Morra, perché dopo la desecretazione di alcuni atti, di altri non si ha notizia.

Due anni fa, avevo molto apprezzato la decisione di desecretare tutti i documenti della Commissione Antimafia dal 1963 al 2001, e speravo rappresentasse il primo passo perché venissero tolti tutti i segreti di Stato sulle vicende di mafia, a tutti i livelli e in tutte le sedi.

Sig. Presidente, la perdita di fiducia nelle Istituzioni – e in particolare nella Magistratura dopo i più recenti scandali – impongono scelte coraggiose e coerenti con le promesse da Lei fatte a suo tempo.

Il 1990, rientra nell’arco temporale (dal 1963 al 2001) rispetto al quale tutti i documenti della Commissione Antimafia si sarebbero dovuti desecretare.

Per quale ignota ragione, dunque, non si è ritenuto di dover rendere pubblici i contenuti dell’audizione del Giudice Giovanni Falcone in Commissione Antimafia nel giugno del 1990?

Il Giudice Falcone venne sentito in Commissione antimafia più di trenta anni fa, e questo lo sappiamo con certezza, così come sappiamo del suo riferimento a una centrale unica degli appalti con valenza sull’intero territorio nazionale.

Cosa contengono i verbali di quel lontano 1990?

Perché non vengono ancora resi pubblici?

Oggi, dopo aver appreso in merito al mantenimento del segreto da parte del Csm degli atti relativi ai Giudici Falcone e Borsellino, e non per ragioni di sicurezza dello Stato, ma a dire del Dott. Palamara, per non mettere in discussione gli equilibri che governavano il mondo interno della magistratura, sono qui a chiedermi se questo Stato sia ancora quello Stato per il quale Magistrati, appartenenti alle Forze dell’Ordine e semplici cittadini, hanno dato la propria vita, e se abbia un senso prendere parte a commemorazioni che il più delle volte si risolvono in sterili passerelle mediatiche e nella voce di un’antimafia che ha perso di vista le vere ragioni che portarono alla nascita di associazioni e movimenti spontanei (ma anche, e soprattutto, alla nascita di organismi istituzionali) che sull’onda emotiva dei fatti del ’92 videro la gente scendere nelle piazze in segno di ribellione contro la mafia.

Non posso sopportare l’idea che le Istituzioni possano essersi piegate al giogo di quelle aberrazioni morali che sacrificano la verità e la storia dei nostri Eroi sull’altare del compromesso e degli equilibri politico-istituzionali che hanno governato un mondo che non era quello in cui credevano Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Sig. Presidente, a nome mio e dei familiari di vittime di mafia che rappresento nell’associazione della quale mi onoro di far parte, sono qui a chiederLe di mantenere l’impegno che si è assunto nel desecretare tutti gli atti, e ripeto tutti (in particolare quelli relativi all’audizione del Dott. Falcone nel 1990) perché ci sia data la possibilità di presentarci a testa alta nel corso di giornate commemorative ed altri eventi contro la mafia, senza doverci vergognare per avere con il nostro silenzio avallato un percorso di omertà (legge che non appartiene e non può appartenere allo Stato, ma a ben altre organizzazioni) che rischia di vedere messe in discussione la dignità e la fiducia nelle Istituzioni.

Se non vuol farlo per noi, se non vuol farlo per Lei stesso, lo faccia per i tanti Borsellino, Falcone, Costa, Saetta, Ciaccio Montalto, Rocco Chinnici, Livatino e altri che prima e dopo di loro hanno pagato con la propria vita la fedeltà alle Istituzioni.

Lo faccia pure per chi vuole, ma lo faccia!

Nessuno può ancora permettersi di aspettare altri trent’anni…