Strage via D’amelio: Borsellino ucciso il giorno prima che facesse importanti rivelazioni alla procura di Caltanissetta
Il Giudice Paolo Borsellino era ad un passo dal rivelare tutto ciò che sapeva, tutto ciò che gli aveva confidato il suo collega nonché grande amico Giovanni Falcone, tutto ciò che avrebbe fatto tremare non soltanto “la piovra” ma anche i poteri forti ad essa affiliati.
Solo 24 ore dopo il giorno dell’attentato che lo sorprese in via D’Amelio, davanti l’abitazione dell’amata madre, Il giudice Borsellino avrebbe dovuto rivelare al procuratore Tinebra le confidenze dell’amico Giovanni Falcone. A confermarlo Francesco Paolo Giordano, adesso Procuratore di Siracusa che lo ha dichiarato anche in una udienza del processo.
“Alcuni giorni prima della strage di via d’Amelio – ricorda Giordano – Paolo Borsellino era stato contattato dal nostro ufficio e dal Procuratore Giovanni Tinebra per essere sentito sull’inchiesta per la strage Falcone. Tinebra aveva parlato con Borsellino e questo risulta anche dai tabulati telefonici ed avevano concordato che sarebbe stato sentito lunedi 20 luglio o nei giorni successivi. Ma, purtroppo, non ce ne fu il tempo perché il giorno prima, il 19 luglio del 1992, Paolo Borsellino fu ucciso nell’esplosione dell’autobomba insieme agli uomini della sua scorta“.
E che la deposizione di Borsellino sarebbe stata “scottante e rumorosa” riguardo le innumerevoli cose da dire sulla morte del suo amico Giovanni Falcone, lo aveva preannunciato e reso noto lo stesso Borsellino in un evento organizzato alla bibblioteca comunale di Palermo. Queste le sue parole:
“In questo momento, oltre che magistrato, io sono testimone. Sono testimone perché avendo vissuto a lungo la mia esperienza di lavoro accanto a Giovanni Falcone, avendo raccolto come amico di Giovanni tante sue confidenze, prima di parlare in pubblico, anche delle opinioni e delle convinzioni che io mi sono fatto raccogliendo tali confidenze, questi elementi che io porto dentro di me, debbo per prima cosa assemblarli e riferirli all’autorità giudiziaria , che è l’unica in grado valutare quando queste cose che io so possono essere utili alla ricostruzione dell’evento che ha posto fine alla vita di Giovanni Falcone, e che soprattutto, nell’immediatezza di questa tragedia ha fatto pensare a me , e non soltanto a me, che era finita una parte della mia e della nostra vita“. “Quindi io questa sera debbo astenermi rigidamente – e mi dispiace, se deluderò qualcuno di voi – dal riferire circostanze che probabilmente molti di voi si aspettano che io riferisca, a cominciare da quelle che in questi giorni sono arrivate sui giornali e che riguardano i cosiddetti diari di Giovanni Falcone. Per prima cosa ne parlerò all’autorità giudiziaria, poi – se è il caso – ne parlerò in pubblico. Posso dire soltanto, e qui mi fermo affrontando l’argomento, e per evitare che si possano anche su questo punto innestare speculazioni fuorvianti, che questi appunti che sono stati pubblicati dalla stampa, sul “Sole 24 Ore” dalla giornalista – in questo momento non mi ricordo come si chiama… – Liliana Milella, li avevo letti in vita di Giovanni Falcone. Sono proprio appunti di Giovanni Falcone, perché non vorrei che su questo un giorno potessero essere avanzati dei dubbi“.
Il processo per la strage di Paolo Borsellino e degli agenti di scorta è ancora in corso. Di qualche giorno fa la deposizione della figlia, Lucia Borsellino, che avrebbe confermato che il padre possedesse la famosa e mai trovata “agenda rossa”. Un insieme di fogli di carta il cui contenuto, se rivelato avrebbe forse potuto cambiare la storia del nostro paese.
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