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Cultura

Teatro della Posta Vecchia Agrigento. Rassegna teatrale Mariuccia Linder: in scena Madame Marguerite, per la regia di Marco Parodi

Sabato 27 ottobre 2018 alle ore 21:00 e domenica 28 ottobre 2018 alle ore 18:00 al Teatro della Posta Vecchia di Agrigento, si dà il via alla Rassegna Teatrale “Mariuccia Linder – Una vita per il teatro il teatro per la vita”, con la messinscena MADAME MARGUERITE, monologo tragi-comico per una donna impetuosa di Roberto Athayde, nella traduzione di Mariella Fenoglio.

In scena Elena Pau e Jackson Adzovic (nel ruolo dell’allievo). L’impianto scenico ed i costumi sono di Salvatore Aresu. La regia è firmata da Marco Parodi per una produzione de La Fabbrica Illuminata di Cagliari.
La rassegna teatrale, dedicata a Mariuccia Linder, attrice agrigentina prematuramente scomparsa nel maggio del 2011, è curata da Salvatore Di Salvo, Direttore Artistico dell’Associazione Culturale TeatrAnima di Agrigento.
La rassegna, avrà luogo da ottobre 2018 a maggio 2019 e si concluderà con un evento dedicato alla vita ed all’arte di Mariuccia Linder.

Teatro della Posta Vecchia, Salita Giambertoni 13, Agrigento
Inizio spettacoli: Sabato ore 21:00 – Domenica ore 18:00 – Posto unico € 10,00
Info e prenotazioni: Tel. 0922 26737 – Fax 0922 25287 – [email protected]
Associazione Culturale TeatrAnima Agrigento – 3270044269 – [email protected]

Sabato 27 e domenica 28 ottobre 2018

MADAME MARGUERITE, monologo tragi-comico per una donna impetuosa di Roberto Athayde. Traduzione Mariella Fenoglio
Con Elena Pau e Jackson Adzovic (nel ruolo dell’allievo)
Impianto scenico e costumi Salvatore Aresu
Regia Marco Parodi
Produzione La Fabbrica Illuminata – Cagliari

Un testo che ha rappresentato il cavallo di battaglia di mostri sacri in Italia e all’estero come Anna Proclemer (al festival di Spoleto e poi a Roma e Milano, sempre in teatri esauriti) e a Parigi al Theatre de la Gaité di Mantparnasse da Annie Girardot, che lo ha ripreso anche a distanza di 26 anni dal suo debutto. Un magnifico monologo, che ha per protagonista Madame Marguerite, un’insegnante: e tuttavia nel delineare questa figura l’autore non pensa soltanto all’istituzione scolastica ma alle mille forme che può assumere l’autorità, alle coercizioni più sottili, alle strutture educative che non possono non essere impositive e verticali. L’aula di insegnamento rispecchia il potere della famiglia, il potere dello stato sui cittadini e, infine, quello dell’attore sul pubblico. Non a caso il testo fu scritto da Athayde quando in Brasile governava la dittatura militare. Si svolge per intero in un’aula scolastica, dove la bizzarra insegnante, sospintavi dal sonoro tornado wagneriano della “Cavalcata delle Walchirie”, ne prende violentemente possesso, dopo essersi telegraficamente presentata, scrivendo a tutte lettere, col gessetto, sulla lavagna, l’antica parola “culo”; e quindi, con la maggior disinvoltura, disegnando, altrettanto chiaramente, quello che la metà maschile del genere umano solitamente si porta appeso dalla parte davanti definendolo, con poetica immagine geografica: “il Capo di Buona Speranza”: nulla di più adatto a creare quel che si dice il clima della chiamiamola così commedia. Ma, in realtà, non si tratta che di un massacrante soliloquio di un paio d’ore, che passa come un tritasassi sull’allibita platea, seminando letteralmente il terrore addosso agli incolpevoli. Lei, lassù, in cattedra, solitaria ma, ahimè, non silenziosa, come una lupa verghiana: straripante, anzi, e feroce, verbalmente diarroica: la Maestra, con tanto di emme maiuscola; e noi ammassati, giù, gli alunni di una quinta classe elementare, maltrattati a sangue, buoni buoni, basiti, senza osar fiatare, venuti ad imparare, a suon di ingiurie, di sevizie e di violenze, le basi del vivere sedicente civile: dalla biologia all’evoluzione, dall’aritmetica alla semantica, dalla droga alla circolazione e via discorrendo; impartite da un inflessibile e minaccioso moralismo, malcelato quanto tradito da un furibondo subcosciente, ossessionato dall’erotismo malrepresso dell’invasata furia, preda d’un didattico delirio da antica Sibilla insanita, che si declama addosso rabbiosamente la propria paranoia schizofrenica, ispirata da Eugène Ionesco deus optimus maximus di ogni stralunato assurdo.